Il femminicidio è un delitto di fortissimo allarme sociale. Ha la stessa valenza dirompente di molti altri delitti ritenuti dal codice penale più gravi. Esso incide culturalmente e socialmente. In questi anni, se pur si è intravisto un minimo sforzo da parte della Stato nel combattere il fenomeno, personalmente noto la mancanza di quel tanto in più che dovrebbe compiere il Paese per debellare i delitti di violenza contro le donne. I giornali riportano notizie di donne uccise ogni giorno, eppure il fenomeno ci appare normale. Purtroppo, devo constatare che non c’è una coscienza culturale, sociale e politica su questi fenomeni così aberranti. La donna vittima di violenze si trova quasi sempre sola e isolata.

Sono convinto, per esperienza di ricerca e studio sul campo, che molti dei delitti commessi nel quotidiano restino impuniti. Eppure, a voler vedere anche laddove non si vede sarebbe possibile. Esistono alcuni comportamenti sintomatologici che sono, ad esempio, i maltrattamenti in famiglia e nei contesti lavorativi, le molestie, l’omesso versamento dell’assegno di mantenimento come ricatto economico e come assenza di riconoscimento della figura genitoriale dell’altro, gli insulti sessisti e tanti altri comportamenti di natura oppressiva. Un dato inaccettabile e gravissimo che va denunciato con forza è che quasi l’80% delle vittime di violenza ha denunciato almeno una volta in suo aggressore! Come si fa dunque a uscire da questa oscurità? Credo soltanto acquisendo la consapevolezza della enorme gravità di tali delitti. Occorre vincere l’attuale immobilismo che direttamente o indirettamente ci rende tutti complici di una strage silenziosa ma quotidiana.

Di Vincenzo Musacchio

Docente di Diritto Penale presso la Scuola di Formazione (CONF.S.A) in Roma. Presidente dell'Istituto Nazionale di Studi sulla Corruzione in Roma. Direttore Scientifico della Scuola della Legalità “Don Peppe Diana”. Editorialista de "L'Ora" di Palermo e della Gazzetta del Mezzogiorno