La Madonna di Piedigrotta è la festa dell’autunno. È dessa un piccolo santuario che si aderge sulla via di Posillipo. Al giungere dell’ottavo giorno di settembre, in cui la chiesa solennizza la natività di Nostra Donna, tutte le fanciulle di Ischia, di Portici, di Sorrento, di Procida e di Capri, vestite de’ più begli e pomposi abiti, si congiungono alle napoletane fanciulle per fare quel pellegrinaggio. È una festa così desiderata da tutte le giovanette dei contorni, che le ci vanno a compagnie non già, ma si a popolo; e se una ragazza si marita senza esservi stata da prima, ne pone il patto col suo sposo futuro. Egli è un pellegrinaggio che l’uso inveterato cangiò, si può dire, in obbligo di religione, che non puote essere da fanciulla veruna trasandato. Ella è costumanza ordinaria di non giungere giammai fino alla cappella: quei numerosissimi convogli si arrestano nelle vicinanze, e si danno in sul comperarsi fettuccie ed altre gale, che a bizeffe si vendono nelle botteghe conformare all’improvviso su ambi i lati della via, che spettacolo formano bellissimo a vedersi.
Stannosi in que’ dintorni tutta la mattina, quindi pranzano o nelle taverne o sull’erba con cibi che dalla città trasportano, e al dopo pranzo al suono de’ pifferi e delle cornamuse, ballando le loro danze nazionali, tra’ quali prima spicca la già descritta tarantella accompagnata con tamburini da zingaro, riedono trionfanti e festosi ad accrescere il tumulto della capitale.
In questi giorni festivi, e così pure in quelli della Madonna dell’Arco, entrambe queste chiesuole sono al di fuori contornate da truppa di mendici che ti corrono incontro capriolando e grottescamente gestendo per cavarti il quattrino, di paralitici e finti lebbrosi che gridano agli oimè, piangono, stridono, ti disgustano in tutte forme, e loro getti il soldo per non vederti quella nausea da presso, e cent’altri di varia specie, ma del genere medesimo, che vengono a cercarvi la salute del corpo e dell’anima loro. Tu vedi… pur anco frotte infinite e schifose di ciechi, laceri, sudicii, puzzolenti guidati da un ragazzotto lazzarone, e succedentisi in fila l’un dopo l’altro, tenendosi uniti per mezzo di una cinghia di cuoio, unico mobile loro non guasto, che adornano tutto di nastri e di fettuccie di seta.
In questo medesimo giorno della Madonna di Piedigrotta lunghesso la spiaggia di Chiaia vi ha pure la più magnifica parata militare di tutto l’anno. Dalla piazza della Vittoria fino alla chiesetta della Vergine a Piedigrotta sfilano nelle loro assise di gala tutte le truppe del paese. Il re va a deporre in questo giorno sull’altar della Madonna il suo tributo di devozione, la sua offerta alla proteggitrice dei mortali. Tutte le strade, le botteghe, le finestre delle case lunghesso le quali il re trascorre nella sua gita devota, sono ornate di arazzi, di damaschi, di veli di seta e di altre stoffe le meglio, le più belle e sfarzose che tutti si abbiano o possano anche a presrito procacciarsi. Tutto è pompa: le botteghe ambulanti di ogni sorta di merci e comestibili, le pareti adorne di quadri e di pitture, il genio del paese, amantissimo dello sfarzo e del bello lussureggiante, espresso tu vedi perfino nell’ultima inezia, nel più piccolo fregio. La gioia e la pazzia si fanno sorelle per tutte le vie, per tutte le piazze e per tutte le case: questa èla festa dell’allegria. Anche gli abitatori di Napoli in questo giorno solenne si mostrano in tutta la loro bellezza maggiore. Le signore vestite a gala coronano gli addobbi delle magioni mostrandosi alle finestre; gli uomini sfoggiano, oltre i vestiti, il lusso tutto del loro spirito; le carrozze di novelle guarnizioni rifornire trascorrono le vie; anche la gioia de’ lazzaroni è più toccante e vivace. I maccheronai, che pure vendono anche il pesce arrosto e le pizze tutto l’anno, in un siffatto giorno diventano gastronomi perfetti: le loro botteghe hanno pe’ lazzaroni in mostra cibi prescelti. Una volta all’anno c’è dovizia di manicaretti e d’altre vivande confettate: e questa volta è la sagra della Madonna di piè di Grotta.
I forestieri medesimi diventano pazzi in questo solennissimo giomo,e peculiarmente gli Inglesi, a cui piace sempre lo stravagante. Tu ne vedresti più di uno sulla piazza della Vittoria pagare anticipatamente a’ maccheronai qualche fornello di quelle ghiottissime paste, per indi godersi il trastullo di vederle gratis distribuite a’ lazzaroni, che gli si affollano davanti, e se le inghiottono a centellìni colle dita, ringraziando il donatore con cento viva ed un managgio a San Gennaro perché il piatello si vuotò sì presto. Così indispettiti del medesimo piacere gustato, perché troppo breve, corrono a profondere i pochi grani dedicati già ab inizio della giornata a quella festa nell’acquisto delle pizze da qualche altro maccheronaio. Queste pizze le son foccaccie di due stiacciate di farina di frumento sottilissime e rotonde, nel cui mezzo v’è un ripieno di agliata, di pepe e d’olio, e sono cotte al fornello.
Fumano ancora, e le turbe degli avventori se le ghermiscono l’un l’altro, e scottandosi puranco le dita le labbra, se le sciupano colla maggior ghiottoneria.
Fonte:
“Napoli e le sue Costumanze. Compilazione delle storiche e filosofiche narrazioni di Lord Byron, Chateaubriand, Bossi, Lamartine, ecc. Venezia 1844”
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Un anno di feste
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