Tocca alla Campania dare la stura al Masterplan per il Mezzogiorno. Il governo Renzi ha sistemato il primo tassello del puzzle a cui sta lavorando da mesi il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti partendo da Napoli. E’ il Patto per la Campania, che stanzia 10 miliardi per trasporti, poli tecnologici, turismo, Bagnoli… Renzi è stato tre volte in Campania in poche settimane. Il Mezzogiorno dunque torna al centro dell’agenda politica dopo anni di silenzio e isolamento. Lo ha sdoganato Renzi, al quale non manca certo intuito elettorale. E’ nel Sud, deve aver pensato, che il governo troverà il sostegno di voti che servono per passare con un buon margine di successo il turno delle imminenti amministrative. E magari da qui arriverà anche la spinta per superare lo scoglio del Referendum costituzionale nel prossimo autunno. E così, mentre Mauro Calise scrive sul Mattino (del 25 aprile) che “il Patto non è un foglio con qualche impegno tirato giù alla buona” e che su di esso il premier “ha messo la faccia sulla scommessa di un nuovo Sud”, trovando proprio nel Sud “la spinta decisiva e i voti per la vittoria”, dalle stesse colonne e nello stesso giorno è Nando Santonastaso, vice capo dell’economia del giornale di via Chiatamone, a spiegare che “la grande novità del Patto per la Campania è nel metodo, non sono e non tanto nei finanziamenti”. Ilsudonline lo ha intervistato.

Da Gianfranco Miglio a Mario Monti incluso, quando si dice Sud si pensa al titolo (parafrasato) di un famoso romanzo di Marzquez: Venti anni di solitudine. Ora Renzi sembra aver sdoganato il Mezzogiorno – e Napoli – forse perché qui c’è il potenziale elettorale a portata di mano, mentre al Nord c’è la Lega a sbarrargli il passo. E’ d’accordo con questa lettura?
Da quando, a fine luglio 2015, la Svimez ha lanciato l’allarme sula deriva Mezzogiorno, l’approccio del governo e di Renzi in particolare al tema Sud è cambiato. Naturalmente solo il tempo potrà dire se l’idea del Masterplan e dei Patti con le Regioni si tradurrà in scelte strategiche. La sensazione è che il governo abbia puntato con decisione sui tanti nodi irrisolti, specie a livello infrastrutturale, del Sud piuttosto che alla definizione di una mission specifica per il futuro di quest’area a forte rischio di desertificazione industriale e demografica. Di sicuro avere tutti i governatori con la stessa casacca politica dovrebbe essere un vantaggio: ma la storia politica ha insegnato spesso che è vero il contrario.

Intanto Napoli è tornata al cento del dibattito sullo sviluppo. Da Pompei alla Apple, e poi Cisco, e poi General Electric… E infine Bagnoli. Sembra spiri il vento di un nuovo rinascimento… O è una illusione?
Ovviamente c’entra moltissimo il calcolo elettorale: Napoli non ha un candidato fortissimo dei 5Stelle, il vero avversario di cui Renzi teme la crescita e la concorrenza, ma anche il Pd deve fare i conti con le sue divisioni interne. Ecco perché il premier-segretario ha puntato molto sulla città ben consapevole però che l’alleanza forte con il governatore De Luca, che è di Salerno, potrebbe causare più di un disagio non tanto ai suoi oppositori interni quanto a una classe determinante, come quella imprenditoriale. Questa non sembra far mistero dei disagi legati alle scelte del governatore, a cominciare dal dualismo dei porti tra Napoli e Salerno. L’operazione Bagnoli potrebbe aiutare moltissimo la strategia del premier, se le scadenze annunciate venissero rispettate alla lettera.

Quindi cosa è vivo e cosa è morto, diciamo così, nel Masterplan per il Sud tante volte annunciato?
Il Masterplan era e rimane essenzialmente una cornice di riferimento.  C’è dentro di tutto e per questo rischia di essere solo uno scenario. Non è un caso che la parte più operativa restano i Patti con le Regioni e le Città metropolitane del Sud dove però, come ho detto, rischiano di finire soprattutto le opere incompiute da portare a termine, non una nuova e strategica visione di ciò che deve diventare il Mezzogiorno.

La legge di stabilità si è limitata, secondo la tradizione, a prevedere il finanziamento di una serie di interventi disparati dei quali non si conoscono e non sono mai stati valutati fino in fondo costi e benefici. E’ il giudizio di Giorgio La Malfa, che di recente ha presentato in Campania il 5° Rapporto sulle imprese industriali del Mezzogiorno. Lo condivide?
In parte. Perché è vero che pensare al Sud senza realizzare una corsia preferenziale per favorire le assunzioni è stato un errore. Dire che bisogna mettere fine agli incentivi può andar bene sul piano generale ma poi i conti bisogna farli sul terreno: e il piccolo miracolo delle nuove assunzioni nel 2015 lo dimostra. E’ bastato che lo sgravio fosse ridotto per bloccare i nuovi contratti. Nella Legge di Stabilità però c’è anche l’incentivo alle imprese che vogliono investire nel Mezzogiorno e non è da trascurare: perché dopo tanto pressing da parte di Confindustria si potrà capire se ci sarà questo sprint delle aziende.

Che fine ha fatto l’Agenzia della Coesione territoriale?
Al solito. Soffre di vincoli burocratici assurdi: non è pensabile che occorrano due anni per ultimare nomine e adempimenti, per non parlare dei bandi per l’assunzione dei tecnici che dovrebbero garantire linfa vitale all’Agenzia stessa. Di sicuro siamo ancora lontani dalla piena operatività. Detto questo non dimentichiamo che l’Agenzia ha il compito precipuo di affiancare le Regioni che non riescono a portare avanti i loro progetti sui fondi europei o che pasticciano con norme e regolamenti peraltro ancora molto complicati. Mi risulta che l’azione svolta dall’Agenzia per accelerare la spesa, almeno a livello di impegni, dell’ultima tranche dei fondi Ue 2007-2013 è stata decisiva. Ma è evidente che questo non basta.

Ritiene anche lei che i rilievi di Svimez sulla mancanza di politiche di sviluppo del Sud con logica industriale siano solo piagnistei e frutto di vittimismo?
Per nulla. Mi domando cosa sarebbe il Sud senza la voce critica ma soprattutto documentata della Svimez sui suoi problemi.  Se qualche passo in avanti sulla centralità del Sud nell’agenda politica è stato fatto è merito anche, o forse soprattutto, della Svimez. Il silenzio imbarazzante di tantissimi parlamentari meridionali è troppo eloquente per  non chiedere ancora all’Associazione di andare avanti.

Imprese, istituzioni, classe politica… Da chi dipende di più lo sviluppo del Mezzogiorno?
Dal capitale umano. I guru di Apple o di Cisco dicono che nemmeno i meridionali sono consapevoli del valore culturale e della preparazione dei giovani del Sud. E se ne meravigliano, ovviamente, perché per loro investire a Napoli non è solo un omaggio a questo o quel governo: è un investimento a tutti gli effetti del quale si dichiarano soddisfatti. Il paradosso con la fuga dei cervelli verso il Nord e l’Europa è stridente: e non basta riempirsi la bocca con  il fatto che senza il Sud l’Italia non riparte per assolvere la coscienza. Investire sui giovani è straordinariamente più redditizio di tante altre iniziative: peccato che alla fine si preferiscano queste ultime.

Tornando a Napoli: de Magistris, Lettieri, Valente, Brambilla… Metta un titolo a ciascuno che sintetizzi il loro profilo in questa campagna elettorale…
De Magistris: testardo. Lettieri: ultima spiaggia.  Valente: coraggiosa. Brambilla: velleitario.

Di Redazione

Claudio D'Aquino, napoletano, giornalista e comunicatore di impresa

Un pensiero su “CHE SUD CHE FA / RENZI PUNTA SU NAPOLI. E IL SUD TORNA NELL’AGENDA DI GOVERNO. Intervista con Nando Santonastaso (il Mattino)”

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