Di SIMONA D’ALBORA
Cosa hanno in comune Flavio Briatore, Zucchero, Carlo Conti, Valentino Rossi, Barbara D’Urso, Sylvester Stallone, Bono Vox e Christian De Sica? Assolutamente nulla o ben poco, ma sono tutti finiti nel calderone delle grandi bufale del 2014: quella di essere dati per morti sul web benché fossero ancora vivi e in buona salute. Un fenomeno che parte da molto lontano forse da prima del web, ma che un tempo coinvolgeva pochissime notizie e pochissimi personaggi famosi, ma che con l’arrivo di internet e dei social si è amplificato in modo esponenziale.
Il famoso pesce d’aprile che prende piede tutto l’anno proprio perché il primo aprile non è credibile. Bersaglio storico di tutte le bufale: Paolo Villaggio, dato per morto tantissime volte negli anni, tanto che la prima volta che la notizia uscì rispose: “Non me ne può fregare di meno” mentre in un’altra occasione si lamentò che al suo funerale non era venuto Veltroni, con lui addirittura l’Ansa arrivò a mettere la notizia in rete, fino a che dopo pochi secondi non la ritirò accorgendosi dello scherzo. Insomma una vittima eccellente per chi è in vena di scherzi. Ma cosa spinge a inventare notizie false e a farle diffondere nel web? In pochi casi si tratta del gusto della battuta da caserma, quella che non fa ridere, in fondo lo facevamo anche noi da bambini, chi non ricorda: “è morta l’olandesina della Miralanza, è caduta dalla mongolfiera, è morto l’uomo del biopresto, lo hanno centrifugato”’.
Ma perché si inventano le bufale? Un tempo si faceva per stupidità, per pazzia, voglia di protagonismo, oppure perché attraverso le bufale, si esprimevano inconsapevolmente i propri pregiudizi, le proprie paure, che sia la notizia della morte di un personaggio famoso o di tasse e incentivi immaginari, anche se la diffusione è dovuta soprattutto alla credulità delle persone che non si preoccupano di verificare la notizia e la condividono senza un vero controllo.
Ma soltanto una piccola parte delle bufale sono dettate dalla smania di protagonismo di chi le inventa, in realtà svelare al web qualcosa che fa clamore ed è falso è diventato un vero e proprio business: “Il meccanismo è semplice – dichiara Claudio Michelizzi che insieme a Fabio Milella, David Tyto Puente e Matteo Mussida ha aperto un Bufale.net, un blog per smascherare le bufale che è sbarcato anche su Facebook – d’altronde basta avere un dominio anonimo con un una piattaforma web tipo AlterVista (pensiamo al Corriere del Corsaro) e il gioco è fatto, ogni volta che un utente apre un link con una bufala attraverso i banner si guadagna e più un link viene aperto e più il guadagno aumenta, si può arrivare a racimolare anche 400 euro per una sola notizia.
” Nel loro blog e sulla pagina facebook Bufale su FB, che è passato da 5000 a quasi 30.000 amici, segno che l’attenzione per la ricerca della veridicità della notizia è aumentata, i quattro blogger hanno stilato la classifica delle migliori bufale del 2014, si va da quelle sulla morte di personaggi famosi, quali Giletti o Zucchero (e già il fatto che con quel nome sia morto di diabete non doveva trarre in inganno) a quelle di sesso e società come quella della legalizzazione della pedofilia, o personaggi che dicono di essere gay, oppure l’orgia di anziani in Belgio, a quelle legate alla sanità, all’ebola, oppure a quelle politiche o che possono alimentare teorie complottistiche.
“Alcune di queste bufale – spiega Claudio Micheluzzi – possono avere anche delle conseguenze gravi, quando una bufala sul contagio di ebola in Italia si diffuse, molti turisti cambiarono destinazione, oppure pensiamo al danno causato a una nota marca di prodotti per la pelle ed i capelli quando si diffuse la notizia che faceva uscire i vermi dalla pelle. Sia chiaro, però, noi smascheriamo solo le bufale, non prendiamo nessuna posizione, chi ci segue lo sa”.
“Perché ci cascano in tanti?”
“Perché le notizie sono studiate in modo da fare leva sui sentimenti delle persone, dalla disperazione per la morte di qualcuno che in quel momento ha un certo seguito, a quelli di rabbia con notizie ad esempio di politica, in cui si legge magari che il Governo ha tagliato le pensioni, sicuramente fanno leva sui sentimenti di chi ci casca, però è anche vero che non sempre il numero di condivisioni corrisponde al numero di chi ci crede, qualcuno potrebbe condividere una bufala per prendere in giro altri utenti, fatto sta che tutto questo contribuisce non solo a diffondere la falsa notizia ma anche a incrementare i guadagni di chi specula, è un fenomeno molto preoccupante”.