«II Pd c’è, esiste e combatte ma lo deve fare in maniera radicalmente aperta. Poi faremo il congresso e decideremo se il Pd resta o meno». Nelle sale dell’Umanitaria, culla del riformismo milanese, il segretario Nicola Zingaretti traccia il futuro del suo partito. Lo fa con molta più prudenza rispetto alle dichiarazioni rilasciate a Repubblica in cui parla di scioglimento del partito. «Non credo in processi distruttivi, nell’illusione di passi indietro o di scioglimenti,- dice dal palco di Nord Face, la due giorni del tour che lo porterà in giro per tutta Italia – però è arrivato il tempo di tomare al dna del Pd e cioè la necessità di continuare a cambiare, a coinvolgere, aprire, rinnovare, costruire. E di essere utili all’Italia». La sintesi è uno slogan a effetto: «Non faremo un nuovo partito, ma un partito nuovo». Aperto a tutte le forze progressiste, sindaci e sardine e comprese, ma senza volontà annessionistiche sottolinea Zingaretti. «Non vanno tirate per la giacchetta». A tutti quelli che danno per moribondo il governo ed esaurita la legislatura, Luigi Zanda, che da qualche decennio solca il palcoscenico della politica ai massimi livelli, risponde sfoderando una proposta che pub apparire una suggestione: «Serve un’assemblea Costituente con tutte le forze politiche, che cambi la forma di Stato e di governo». Insomma, malgrado si sparino addosso ogni giorno, Salvini, Di Maio, Zingaretti e Renzi potrebbero vestire i panni di padri costituenti. Il tesoriere del Pd sposa poi la decisione del segretario di rifondare il partito, che dovrà aprirsi non solo agli ex scissionisti come Bersani e Speranza, ma anche alle nuove energie civili impersonate dalle Sardine.