Da “ fattorino delle pizze ” a “ rider ” ci sta un app di mezzo. I ciclofattorini, utilizzati anche dalle imprese che a Catania gestiscono le piattaforme online per la consegna del cibo a domicilio, sembrano essere la forma 3.0 dei “ ragazzi ” delle pizze, con un conseguente salto di qualità, se così si può definire: la maggior parte dei rider sono riconosciuti come collaboratori dall’azienda per cui lavorano, a differenza dei fattorini delle pizze di cui non vi è traccia alcuna del più misero contratto.
La discussione, portata alla ribalta mediatica dal neoministro del Lavoro, Luigi Di Maio, ha fatto presa anche a Catania, dove il campo d ’ azione dei rider (detti anche “ players ” ) è lasciato in penombra dagli stessi, restii a commentare il proprio contratto di lavoro e l ’attività svolta. Come, del resto, accade fra i colleghi “ invisibili ” delle pizzerie. Eppure a Catania i rider esistono da più di un anno e sono sotto gli occhi di tutti, divenendo «L’emblema della “ gig economy ” – afferma il responsabile del mercato del lavoro per la Cgil, Massimo Malerba – e, cioè, dell ’ economia dei “ lavoretti ” . I rider operano per conto di piattaforme digitali, alcuni di loro sono pagati a cottimo e il lavoro è sottoposto ai punteggi di produttività elaborati da un algoritmo nonché a variabili al di fuori del loro controllo, come il numero di ordini rifiutati o le cattive recensioni degli utenti sulla qualità del cibo.
Il classico fattorino, invece, è retribuito a “ serata ” , in base agli accordi con i titolari dell ’ attività, ma il compenso giornaliero non supera i 25 euro. A entrambi non sono riconosciute ferie e malattia, usano mezzi propri (che sono per lo più scooter) e lavorano anche sotto la pioggia. La mancanza di ampie tutele contrattuali sarà argo- mento di discussione tra Cgil, Filt, Filcams e Nidil in occasione del coordinamento nazionale in programma il 26 giugno a Roma. Ciò anche se proprio oggi sono stati assunti alcuni rider con contratto Turismo e Pubblici esercizi. La materia è in divenire». E se a livello nazionale si è costituito un sindacato a tutela dei rider (una delegazione di questo è stata già ricevuta da Di Maio), nella provincia etnea qual- cosa si muove: da pochi giorni esiste uno sportello Cgil a cui, in verità, si sono avvicinati timidamente in pochi. Del resto lo scorso 3 dicembre un accordo tra le parti sociali e le aziende del settore ha inserito la figura dei rider nel contratto nazionale di Trasporti, Logistica e Turismo, producendo effetti giuridici solo ai lavoratori subordinati. Rimangono esclusi i lavoratori a cottimo, a partita Iva e a progetto. Altra questione riguarda il compenso, che è di circa 4 euro l ’ora.
Per il responsabile provinciale della Felsa (la categoria della Cisl che rappresenta i lavoratori somministrati, autonomi e atipici), Adina Celona: «Occorre rivedere tutta la gestione contrattuale. L’attività della maggior parte di rider è legata all azienda tramite un “ Co.co.co ” , cioè un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, che riconosce scarse garanzie al lavoratore, ma per le im- prese ha un basso costo fiscale».
D ’ altro canto, però, bisogna considerare anche le difficoltà incontrate dalle aziende nello stipulare contratti subordinati. «Chi fa attività di impresa – afferma il segretario provinciale della Uil Temp (sindacato a tutela dei lavoratori temporanei), Giancarlo Mattone – non può scaricare la propria pressione fiscale sui lavoratori. Fare attività significa anche assumersene i rischi. Si sta identificando il fenomeno della gig economy con i rider, ma la Il futuro su due ruote do il fenomeno della gig economy con i rider, ma la categoria è più ampia. Occorre, quindi, gettare le basi di un percorso condiviso per la tutela e la sicurezza dei lavoratori e ridare dignità al lavoro». Intanto, sebbene la prospettiva di Cgil, Cisl e Uil sia inquadrare i rider nel ranch di garanzie tipiche di un contratto di lavoro subordinato, la strada sembra essere ancora lunga e tortuosa.