di SIMONA D’ALBORA
È stato un missile a colpire il DC 9 dell’ Itavia nei cieli di Ustica quel 27 giugno del 1980, a stabilirlo e la prima sezione civile della Corte d’Appello di Palermo nella sentenza in cui è stata ricostruita la dinamica della strage e sono stati riconfermati i risarcimenti ai parenti delle vittime. Scartata, dunque l’ipotesi di un cedimento strutturale e quella di una bomba esplosa a bordo ai fini di un attentato terroristico, la sentenza decreta che a provocare la strage che costò la vita a 81 persone fu un aereo che si scontrò con il DC 9 nel cielo siciliano.
35 ANNI DI MISTERI E DEPISTAGGI
La sera del 27 giugno del 1980 il DC 9 dell’Itavia alle 20,08 decolla da Bologna con 113 minuti di ritardo, destinazione Palermo, arrivo previsto per le 21,13, ma prima della fase di atterraggio dell’aereo non si hanno più notizie.
Le ricerche porteranno alla luce una sconvolgente verità: l’aereo è precipitato tra le isole di Ponza e Ustica.
Da allora inizia uno dei misteri più intricati nella storia delle stragi italiane destinato a non essere mai del tutto chiarito, tra registrazioni di radar che sarebbero spariti e morti sospette che hanno alimentato ancora di più i dubbi su quanto successo quella notte e infittito il mistero.
IL MURO DI GOMMA
Un missile aria-aria sparato da un aereo militare, una collisione con un aereo militare, un cedimento strutturale, una bomba esplosa a bordo, su queste ipotesi si sono concentrate negli anni le indagini degli inquirenti. Indagini complicate dai tentativi di inquinare le prove e dai depistaggi messi in atto da soggetti che a vario titolo tentavano di non far venire alla luce la verità. Le stesse istituzioni rimbalzavano le ricostruzioni che attribuivano la causa del disastro aereo di Ustica ad un’azione militare, tanto da meritarsi il titolo di muro di gomma.
COSSIGA
Fu l’allora presidente della Repubblica Cossig, 28 anni dopo la strage, a dare un nuovo slancio alle indagini, le sue dichiarazioni, infatti, spinsero la procura di Roma ad aprire una nuova inchiesta. Cossiga, che all’epoca della strage era presidente del Consiglio, dichiarò che ad abbattere il DC-9 sarebbe stato un missile «a risonanza e non a impatto», lanciato da un velivolo dell’Aéronavale decollato dalla portaerei Clemenceau, e che furono i servizi segreti italiani ad informare lui e l’allora ministro dell’Interno Giuliano Amato dell’accaduto. Secondo Cossiga il missile fu lanciato per colpire un velivolo sul quale viaggiava il leader libico Muammar Gheddafi.
LA CONDANNA
Insomma un mistero fitto che non ha ancora individuato alcuna responsabilità specifica, non è mai stato accertato, infatti, da chi sia stato sferrato questo attacco di guerra e soprattutto contro chi. La sentenza di oggi ha confermato la condanna del ministero della Difesa e dei Trasporti al risarcimento dei danni (l’importo preciso stimato in oltre 100 milioni di euro, sarà stabilito solo nell’udienza fissata per il prossimo 5 ottobre) ai familiari delle vittime. I due dicasteri sarebbero responsabili di non aver garantito adeguate norme di sicurezza al DC 9.
I giudici d’Appello hanno invece dichiarato prescritto, seppur riconoscendolo, il danno per depistaggio, visto che sono decorsi cinque anni.