Antonio Troise
Nessuno sbandamento, sui conti pubblici non si scherza. Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, lo ripete come un mantra: l’Italia rispetterà gli impegni assunti con l’Europa sul contenimento del deficit e la riduzione del debito. Parole destinate non solo ai mercati, per rassicurarli. Ma anche ai soci di maggioranza dell’esecutivo, Lega e Cinquestelle, che hanno firmato un contratto di governo non proprio compatibile con lo stato di salute della finanza pubblica. Lo scontro decisivo ci sarà in autunno, quando via Venti Settembre dovrà varare la legge di Bilancio. Ma il ministero dell’Economia alcuni paletti li ha già fissati. A cominciare da quello principale: l’ancoraggio del nostro Paese alla moneta unica e alle sue regole.
Tutto questo, naturalmente, non significa che non si possa fare nulla e che le promesse della campagna elettorale da Salvini e Di Maio siano già morte. La strategia del ministro, invece, è un po’ diversa e si fonda su un ragionamento semplice semplice. Se la maggioranza vuole davvero attuare il suo costosissimo “contratto per il cambiamento”, deve essere anche disposta a mettere in discussione le misure adottate dai precedenti governi. Il bilancio pubblico non è affatto immodificabile. Si possono, invece, spostare da un capitolo all’altro le spese, mantenendo però invariato il saldo finale. O, per lo meno, quella cornice finanziaria che ci consente di restare ancora in Europa.
Dal punto di vista del dicastero di via Venti Settembre, la parola chiave è gradualità. Non è possibile fare tutto e subito, ma si può prevedere, invece, un piano di azione che abbracci tutta la legislatura dando modo al ministero dell’Economia di evitare salti nel buio. E’ impossibile, ad esempio, pensare di varare nel giro di un anno il reddito di cittadinanza, un’operazione da circa 45 miliardi che porterebbe non solo il nostro deficit al 5% ma l’intero Paese nel baratro del default. E’ possibile, invece, cancellare alcuni degli interventi decisi dai precedenti esecutivi sul fronte della lotta alla povertà spostando le relative risorse sul nuovo strumento.
Stesso discorso si può fare per la flat tax o per lo stop alla riforma Fornero. Anche in questo caso ci sono leggi varate da Renzi e Gentiloni, a cominciare dall’Ape social o dalle misure a favore delle imprese, che possono essere opportunamente cancellate per fare posto ai progetti dell’esecutivo giallo-verde. Insomma, occorrerà scegliere, il catalogo a disposizione è ampio, soprattutto se si considera il fitto capitolo dei bonus. Quello che non si può fare, invece, è allargare i cordoni della spesa pubblica senza scegliere e, soprattutto, facendosi guidare più dal populismo che dal buon senso. L’esatto contrario di quello che il ministro Tria sta mettendo in mostra in questi giorni. Anche a costo di qualche scontro in più con i colleghi di governo.
Fonte: L’Arena