L’attacco in Svezia è cominciato ieri mattina nel modo più banale, quando l’autista che stava consegnando un carico di birre al ristorante spagnolo «Caliente» di Stoccolma si è allontanato dal camion. «Durante lo scarico della merce qualcuno è salito in cabina ed è scappato via alla guida del mezzo», ha detto Marten Lyth del birrificio Spendrups. Poco dopo il camion ha percorso la grande arteria Klarabergsgatan fino ad arrivare all’angolo con la più affollata e popolare strada commerciale della capitale svedese, Drottninggatan, o la via della Regina. A quel punto, intorno alle 13, dopo Nizza, Berlino, Londra, anche a Stoccolma è toccato sperimentare la tecnica terroristica del veicolo sulla folla. II camion è entrato nella strada pedonale e ha travolto alcune persone, poi si è infilato nella vetrina del grande magazzino Ahléns, pochi metri più in là, facendo altre vittime. L’attentatore, che stando ad alcuni testimoni portava un passamontagna, è riuscito a fuggire. La polizia ha diffuso alcune immagini di un sospetto ripreso dalle telecamere di sorveglianza in metropolitana, prima che venisse chiusa: un giovane con giacca e felpa con cappuccio. Un uomo «che gli assomiglia molto», fa sapere la polizia, è stato arrestato in serata alla periferia Nord di Stoccolma. Le autorità indicano un bilancio provvisorio di quattro morti e quindici feriti. A tarda sera non era ancora giunta alcuna rivendicazione. È il primo attentato di massa riuscito in Svezia dopo il 2010 quando – a pochi metri da dove è avvenuto l’attacco di ieri, sempre a Drottninggatan – l’iracheno Taimour Abdulwahab si fece saltare in aria con due bombe senza provocare vittime. «La Svezia è stata attaccata, si è trattato di un atto terroristico», ha dichiarato il premier Stefan Lofven mentre i soccorritori cominciavano il tragico conteggio delle vittime. Camilla Walleberg, 19 anni, fa la cameriera in un fast food accanto ai grandi magazzini: «Ho visto persone a terra coperte con i sacchi della spazzatura, da sotto usciva sangue. Una donna era senza gambe ma sembrava viva». Camilla singhiozza, parla a scatti: «Quando il camion si è schiantato su Ahléns pensavo fosse una bomba, sono crollati i muri, c’era fumo ovunque». Quando è uscita dal fast food, è stata investita da centinaia di persone in fuga. Tra loro anche Clara Gils, avvocato di origini inglesi: «Dopo Londra ho pensato spesso a come mi sarei comportata in una situazione del genere. Ecco, io non ho reagito. Sono rimasta paralizzata in mezzo alla strada, con quel camion che correva a tutta velocità verso di me. Se qualcuno, mi piacerebbe sapere chi, non mi avesse tirato per la manica, sarei morta, come gli altri».