Tra le finalità del gruppo di studio della Task Force Pandora c’è quella di intervenire laddove sia necessario correggere delle notizie ed aggiungere informazioni a quelle poco precise e dettagliate. Conosciamo e denunciamo la drammatica condizione dell’inquinamento ambientale in Campania e ne stiamo studiando le conseguenze, ma allo stesso tempo contestiamo una campagna di informazione quantomeno approssimativa, spesso ingiustificatamente allarmistica e dalle conseguenze socio-economiche potenzialmente nefaste.
Nella puntata ”
L’Italia dei Fuochi” della trasmissione Presa Diretta di Riccardo Iacona andata in onda lunedi 10 febbraio 2014 sono state fatte affermazioni che vogliamo correggere o quantomeno spiegare sulla base della conoscenza attuale.
Nel servizio si fa cenno a ”
SOLVENTI E FANGHI SOSPETTI” rinvenuti nello scavo iniziato con grande clamore mediatico a Villa di Briano, nei pressi di Casal di Principe. La notizia è stata lanciata senza alcuna verifica. Da quando è cominciato lo scavo, non si ha ancora una precisa e dettagliata informazione su quanto ritrovato. Per quanto riguarda i “fanghi sospetti“, ci chiediamo cosa davvero rappresenti l’uso di una tale terminologia se non il tentativo di diffondere panico e allarmismo nella popolazione prima ancora di conosce l’effettivo contenuto dei fusti e la relativa caratterizzazione. Riteniamo corretto informare la cittadinanza ma usando una terminologia corretta e fornendo dati ed informazioni complete. Pertanto è opportuno che le autorità competenti svolgano accurate indagini e ne divulghino i risultati al più presto.
Il generale Costa, nel corso dell’intervista, fa cenno al ritrovamento a Caivano di “70 fusti tossici” e di “morchie industriali“. Dalle informazioni e dai documenti in nostro possesso, risulta che sono stati ritrovati “ad una profondità di circa 1,50 mt” 15 fusti metallici deteriorati, arrugginiti e schiacciati, aventi una capacità di circa 25 lt, contenenti rifiuti ascrivibili alla categoria vernici di scarto” come riportato sul verbale della forestale il 25 settembre a Caivano (documenti consultabili sul sito www.taskforcepandora.it). Per le “morchie industriali”, vale quanto detto per Villa di Briano e cioè che la notizia è stata data senza alcuna ulteriore informazione riguardo il potenziale danno ambientale generato. Certamente il ritrovamento è preoccupante ed è necessario porre la massima attenzione ma ci chiediamo: le analisi hanno rilevato inquinamento dei terreni e delle falde? E’ stata effettuata una analisi di rischio? Riteniamo doveroso da parte delle forze dell’ordine e dei giornalisti fornire informazioni quanto più complete possibili alla cittadinanza per evitare di contribuire a diffondere il clima di insicurezza e sfiducia che tanta cattiva informazione ha generato in questi mesi.
In ogni caso, sarebbe opportuno, per dissipare ogni dubbio, che la Procura rendesse noti i risultati della caratterizzazione dei rifiuti trovati nelle due località e dei conseguenti eventuali danni ambientali;
Nell’intervista si parla di una nuova tecnica investigativa, un geomagnetometro che collocato su un elicottero, tramite l’interpretazione dei campi magnetici alterati, avrebbe permesso l’individuazione delle aree di Caivano interessate da “movimento terra”.
Spieghiamo meglio questa informazione. A Caivano, fino agli anni ‘80, si praticava la macerazione della canapa in vasconi di dimensioni medie di 10*50 mt e profondità di 2 mt. Quando è stata abbandonata la coltivazione della canapa, in quanto non più remunerativa, le vasche sono state colmate di terreno vegetale per rendere il terreno nuovamente coltivabile. Purtroppo invece, nel tempo, alcune di esse sono presumibilmente diventate ricettacolo di immondizia, con molta probabilità della stessa tipologia che vediamo sui bordi delle strade, nei fossi abbandonati e nelle stradine interne di campagna. Tuttavia concordiamo con la necessità di approfondire, anche in questi casi, le indagini di dettaglio e verificare l’eventuale contaminazione dei terreni e delle falde, il geomagnetometro da solo non è in grado di fornirci tali dettagli essenziali per comprendere la presenza e la natura e la gravità dell’inquinamento delle matrici ambientali. Anche in questo caso, suggeriamo alle autorità competenti di fornire informazioni complete a riguardo.
Nel servizio, si sostiene che gli agricoltori utilizzino “acqua avvelenata” che, tra l’altro, avrebbe causato danni alle colture. Le foglie gialle di cavolfiori, la cui foto è finita su diversi giornali ed è girata in rete viralmente, a sostegno della teoria dell’avvelenamento, sono il risultato di un evidente avvallamento del campo, che porta ad un ristagno idrico con conseguente asfissia radicale e ingiallimento.
Per quanto riguarda, le acque della falda, in essa è stata riscontrata la presenza di sostanze che, con molta probabilità, sono di origine naturale quali i fluoruri, i solfati, l’arsenico ed il manganese. Niente cromo, niente mercurio, niente nichel, niente cadmio, niente piombo. Gli unici inquinanti di natura certamente antropica, riscontrati, sono il triclorometano ed il tetracloroetilene, ma in quantità estremamente inferiore (1,03 contro 30 ug/l il primo, 1,80 contro 10 ug/l il secondo) ai limiti previsti sia per l’acqua potabile (Dlgs 31/2001) che per le acque reflue destinate all’irrigazione (D.M. 185/03). Anche in questo caso suggeriamo cautela nel fornire informazioni allarmistiche e un approfondimento sull’origine delle cause del ritrovamento degli inquinanti antropici per scongiurare il ripetersi del fenomeno in futuro..
L’assoluta salubrità delle produzioni relative ai terreni sequestrati di Caivano è stata comprovata dal loro successivo dissequestro dopo aver ricevuto i risultati delle analisi ripetute e straordinarie. Sono stati infatti effettuati
decine di campionamenti da parte dell’ASL al fine di poter analizzare la presenza di tutti i tipi di inquinanti possibili dal laboratorio ARPAC, compresi i residui di fitofarmaci. Ci chiediamo tra l’altro cosa c’entrano i residui di fitofarmaci, ricercati due mesi prima della prevista raccolta.
Rendiamo noto inoltre che l’ARPAC, non essendo dotata di attrezzature idonee alla ricerca dei PCB diossina simili su ortofrutta, ha imposto ai coltivatori analisi di autocontrollo a loro spese.
Evidenziamo i tempi che sono stati richiesti per dette analisi straordinarie: i campionamenti sono stati effettuati ad inizio dicembre, i risultati ARPAC sono stati comunicati a fine dicembre, il dissequestro, con la richiesta di analisi di autocontrollo è stato notificato il 17 gennaio, le analisi di autocontrollo sono giunte il 4 febbraio, il dissequestro definitivo è stato notificato il 6 febbraio 2014.
Come è noto, il prodotto ortofrutticolo ha un suo ciclo produttivo, limitato nel tempo, che lo conduce alla fase di maturazione commerciale. Passata la fase di maturazione commerciale, il prodotto va incontro ad una fase di sovramaturazione che, già di per sé, lo rende non più commercializzabile, ed ad una successiva fase di insenilimento e marcescenza. Pertanto a causa di queste procedure straordinare, della complessità e lentezza dei procedimenti avviati, parte dei prodotti ortofrutticoli di Caivano è andata persa, con danni molto gravi sia economici che di immagine per i produttori agricoli.
Nel servizio televisivo si parla a più riprese di presunti e non meglio identificati rifiuti radioattivi (ne esistono di varie categorie, ognuna con una sua classe di rischio) interrati in maniera illecita.
Quello che non si comprende è (e nel servizio nessuno se lo chiede):
–come avrebbero fatto coloro che hanno trasportato, maneggiato e sversato tali materiali, senza i dovuti mezzi di protezione e conoscenze adeguate dell’argomento (certo non alla portata di coloro che non dispongano di formazione adeguata), a non essere colpiti dalle radiazioni o addirittura contaminati (nell’industria e nella ricerca il maneggio e trasporto di materiali radioattivi seguono protocolli rigidissimi);
– si rileva all’imbocco della grotta della Limina (in Calabria, sulla strada statale che collega Rosarno con Gioiosa Jonica) un livello del fondo naturale pari ad oltre il doppio di quello che viene misurato normalmente in Calabria (0,1-0,2 microsievert/ora). Vari articoli apparsi sulla stampa rilevano valori anche dell’ordine di 0,41 microsievert/ora. E’ il caso di ricordare qui che lo strumento utilizzato dal giornalista, il Gammascout w/Alert, possiede un tubo a scarica (ovvero il “sensore” delle radiazioni nucleari) dalle dimensioni alquanto ridotte, dando luogo nelle misurazioni di fondo naturale a misure fortemente variabili nel tempo e quindi interpretabili correttamente solo con una adeguata analisi di tipo statistico (in altri termini il valore istantaneo non può fornire alcuna chiara indicazione). Si ricordi altresì che il contatore geiger rileva solo gli eventi ionizzanti (ovvero le radiazioni che lo colpiscono), non avendo alcuna possibilità di discretizzare l’energia della radiazione incidente (e quindi la natura del radionuclide, non potendo quindi distinguere fra elementi naturali ed artificiali – cosa che invece possono fare altri strumenti ben più sofisticati come l’IdentiFINDER ad esempio).
In linea di principio, quindi, la causa di un maggiore fondo potrebbe essere legata a cause naturali (es. sabbie usate per la composizione dei cementi). E’ auspicabile dunque che gli organi preposti eseguano i dovuti controlli con gli strumenti e le conoscenze idonee e rendano pubblici quanto prima i risultati (delle analisi preliminari dovrebbero fornire dei risultati in pochi giorni).
Ancora più severo potrebbe essere il nostro giudizio, qualora i dati forniti non fossero statisticamente significativi, nei riguardi dei medici intervistati nella trasmissione ai quali chiediamo, con fermezza, di fornire alla comunità scientifica i dati raccolti e non informazioni approssimative che possono creare allarme nella popolazione su un tema così sensibile qual è quello dei tumori. Crediamo fermamente che gli allarmi vadano lanciati quando siano fondati su dati scientificamente corretti e validati e che un’informazione corretta non debba poggiare su “voci di popolo” ma debba passare anche attraverso la scelta degli intervistati, effettuata in base a specifici standard e a riconosciute competenze sul tema trattato e, solo dopo la validazione delle organizzazioni nazionali ed internazionali preposte a tale tipo di verifiche, essere diffusa alla cittadinanza.
Infine ci lasciano fortemente esterrefatti le dichiarazioni di
Padre Maurizio Patriciello che si dice indignato per il fatto che alcune organizzazioni affermino che l’incidenza tumorale è la stessa che in altre regioni di Italia, ma che si muoia di più in Campania a causa delle mancanze di screening. Egli sostiene fermamente che una donna muore ancora prima di arrivare all’età adatta agli screening. Come le affermazioni di una delle mamme intervistate che dice che “ci sono medici che ancora mettono la faccia e dicono: non si può dimostrare il nesso di causalità: dobbiamo aspettare che muoriamo tutti?” o del Dr. Luigi Costanzo, medico di famiglia, che sostiene genericamente che forse nemmeno l’acqua si può bere e il Dr. Gaetano Rivezzi (presidente medici ISDE Campania) che conferma alcune tesi allarmistiche senza mai fare menzione di dati scentifici a supporto. Comprendiamo che ciascuno di loro, come molti di noi, hanno esperienze di gravi sofferenze e perdite in famiglia e tra gli amici più stretti, ma riteniamo in scienza e coscienza di dover stigmatizzare tali affermazioni e riportare su un terreno tecnico-medico-scientifico l’analisi epidemiologica e della qualità delle acque e dei nostri prodotti agroalimentari. Pandora non vuole abbassare la guardia, anzi vuole alzarla al massimo, ma riportandola in un ambito di corretta informazione per la cittadinanza, lanciando allarmi quando necessario (per esempio per i continui incendi della Terra dei Fuochi, per le aree inquinate intorno alle discariche dei rifiuti, l’enorme smog automobilistico, la mancanza di screening adeguati, etc.) e chiedendo approfondimenti e ulteriori controlli e indagini quando la legge o solo il principio di precauzione lo richiedano. Ma, in ogni caso, chiediamo a tutti coloro i quali intervengono sulla stampa e in trasmissioni televisive di rispettare i principi della corretta informazione e le regole che la scienza, anche quella medica, si è data per analizzare e validare i dati e gli esperimenti, prima fra tutte fornire i dati dai quali nascono le loro affermazioni affinchè anche altri scienziati possano analizzarli.
A tal proposito abbiamo inoltre constatato che c’è un muro nella informazione riguardo alla delicata questione dell’epidemiologia regionale. Nonostante si sia reso accessibile l’ultimo aggiornamento sullo stato della registrazione oncologica in Campania, inserito sulla home page del sito dell’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) www.registri-tumori.it e si sia dato la disponibilità ad interagire con gli autori, nella trasmissione televisiva in oggetto non è stato fatto alcun cenno né alla pagina web, né ai dati disponibili in Campania. Eppure il Registro Tumori della ASL Napoli 3 sud monitorizza l’andamento oncologico sul territorio da 17 anni ed il Comune di Acerra, che tanto spazio ha avuto nella trasmissione, è uno dei Comuni più studiati dal Registro Tumori.
La nostra preoccupazione e attenzione per le potenziali conseguenze sulla salute degli abitanti della Terra dei Fuochi è altissima e ci vede attualmente impegnati a rilevare e studiare possibili eccessi di incidenza oncologica in aree microgeografiche sub-comunali. Tuttavia vogliamo ribadire, ancora una volta (lo abbiamo già fatto in diversi documenti pubblicati sul sito www.taskforcepandora.it), la nostra convinzione che la situazione sanitaria della nostra regione ci porta ad affermare in modo netto che uno dei determinanti principali delle condizioni di salute delle poplazioni campane risiede nel degrado economico e sociale e nelle gravissime criticità del Sistema sanitario Regionale. Senza alcun dubbio, anche le condizioni ambientali possono rappresentare una concausa, sebbene sono anch’esse l’effetto del degrado politico-sociale in cui ci troviamo da tanti anni, ma non vogliamo che l’attenzione su di esse possa sviarci dalla necessità primaria di allineare il sistema sanitario regionale agli standard (almeno nazionali) ed avviare investimenti economici e culturali per lo sviluppo socio-economico-ambientale della nostra regione.