Nel momento in cui ha firmato il contratto di governo con la Lega il Movimento della democrazia diretta ha siglato la fine della democrazia diretta. Da lì in avanti i paladini della politica dei clic hanno spento i software. Il Parlamento lavora a più bassa intensità su input di governo, qualsiasi decisione spinosa o compromettente viene rinviata in nome del contratto. «Non è nel contratto», è la frase di rito per scacciare le proposte più problematiche.
Due esempi: Tav e Atac. Sull’Alta velocità, di fronte alla piazza piena di Torino, qualcuno nei colloqui con Luigi Di Maio ha suggerito una exit strategy per non scontentare né i sostenitori del Sì né gli amici del No: «Potremmo fare un referendum». Idea sfumata subito di fronte alla realistica prospettiva che potrebbero prevalere le ragioni del Sì e dare una sonora batosta politica al M5S.
intanto Mattarella fa sapere che risponderà alla lettera dei Si Tav presto, magari mostrando attenzione a una iniziativa che ha mobilitato 30mila persone ma al momento sono molti i dubbi su un incontro al Colle. È vero che un’occasione per un colloquio potrebbe esserci anche a Torino il prossimo 26 novembre quando Sergio Mattarella andrà a inaugurare l’anno accademico ma nessuna decisione al momento è stata presa.