“Palazzo Chigi vuole tagliare le pensioni di reversibilità. Un governo che fa cassa sui morti mi fa schifo”. Ecco le parole del leader della Lega Matteo Salvini che ha fatto partire via Twitter all’indirizzo della presidenza del Consiglio. Materia del contendere: le pensioni di reversibilità. Pur con toni diversi, anche Cesare Damiano ha posto il suo altolà: “La delega del governo sulla povertà prevede la possibilità di tagliare le pensioni di reversibilità – ha rimarcato il presidente della commissione Lavoro della Camera -. Inaccettabile. La previdenza non è una mucca da mungere”. A far scattare l’allerta reversibilità è stato l’arrivo in commissione Lavoro della Camera della delega del governo sul sostegno alla povertà. Il testo prevede di riformare i criteri di reddito e/o patrimonio, che permettono l’accesso a misure come integrazione al minimo e reversibilità. Un’ipotesi è quella di le gare la reversibilità alla parte dell’Isee che valuta il reddito e prevede il riordino di diverse prestazioni legate al reddito, tra le quali la pensione di reversibilità inserendo anche soglie patrimoniali elevate.

Sul piere di guerra anche lo Spi-Cgil per il quale considerare le pensioni di reversibilità come una prestazione assistenziale e pertanto ancorarle all’Isee possa limitarne fortemente il numero in futuro, permettendone l’erogazione solo a chi abbia un reddito molto basso. Al momento la pensione di reversibilità ha dei limiti, dovuti però soprattutto al numero dei familiari e al suo ammontare: è pari al 60% della pensione del familiare deceduto se va solo al coniuge, all’80% se c’è anche un figlio e al 100% se ci sono due o più figli. Inoltre la pensione è tagliata del 25% se è superiore a 1.500 euro mensili ( tre volte la pensione minima), del 40% se supera 2000 euro (4 volte ), e del 50% se supera i 2.500. Ma con il ddl approvato dal Consiglio dei ministri alla fine di gennaio cambia tutto: infatti si prev ede una «razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale. nonché di altre prestazioni an. che di natura previdenziale, sottoposte alla prova dei mezzi».

“Alla faccia della lotta alla povertà. Alla Commissione Lavoro della Camera è appena arrivato un disegno di legge delega del governo che contiene un punto molto controverso che agita non poco gli animi di chi un domani potrebbe, suo malgrado, avere diritto alla pensione di reversibilità”. Lo scrive il neoletto segretario generale dello Spi, Ivan Pedretti sull’Huffington Post: “Secondo questo disegno di legge le reversibilità vengono considerate prestazioni assistenziali e non più previdenziali. Che cosa significa e che cosa comporta tutto questo? Significa che l’accesso alla pensione di reversibilità d’ora in poi sarà legata all’Isee, per il quale conta il reddito familiare e non quello individuale. Di conseguenza il numero di coloro che vi avranno accesso inevitabilmente si ridurrà e saranno tante le persone che non si vedranno più garantito questo diritto. Questo non è solo profondamente ingiusto ma è anche tecnicamente improprio e rischia di aprire un contenzioso anche a livello giuridico. La pensione di reversibilità infatti è una prestazione previdenziale a tutti gli effetti, legata a dei contributi effettivamente versati. Che in molti casi quindi sparirebbero nel nulla, o meglio, resterebbero nelle casse dello Stato. In parole povere una sorta di ‘rapina’ legalizzata. Perpetrata soprattutto ai danni delle donne perché l’età media degli uomini è più bassa e la reversibilità è quindi una prestazione che riguarda soprattutto loro. Donne che oltretutto sarebbero doppiamente colpite perché, come è a tutti noto, hanno una pensione mediamente inferiore a quella degli uomini. E che in futuro rischiano quindi di impoverirsi ulteriormente. Un vero capolavoro, insomma. Uno sfregio che mi auguro possa essere ritirato nella discussione che si aprirà a breve nella Commissione Lavoro. Ne vale del futuro pensionistico di tante persone e della dignità di un governo che non può pensare di fare cassa sulle spalle delle vedove”.