Una giornata di lavoro di Umberto De Gregorio?Beh, non si può che immaginare in una maniera, una sola: molto, ma molto particolare. Più unica che rara. Presidente dell’Ente Autonomo Volturno, società a cui fanno capo tre compagnie storiche di trasporto pubblico campane, gli è ampiamente riconosciuto il merito di aver salvato dal fallimento la partecipata che ha nella Regione Campania il socio unico. Rivoltandola come un guanto, da quando ne ha preso il timone due anni fa. Rilanciandola, di recente, con la notizia più gradita sulla piazza di Napoli: l’assunzione di 350 nuovi dipendenti.
Sulle pagine dei quotidiani, l’Ente ci va un giorno sì e l’altro pure. E per lo più per una emergenza o una crisi, un fatto di cronaca grande o spicciolo.Bussola alla mano, la rete di trasporti da gestire si dirama dal cuore del centro storico di Napoli verso i tre punti cardinali che restano oltre quello che si staglia verso l’azzurro del water front portuale. Guardano a Sud-Est, ecco la Ferrovia Circumvesuviana. Corre dentro, lungo ed oltre le falde del Vesuvio.Abbraccia il vulcano come i pampinidell’edera si avvitanoa una quercia di pomice e tufo, pietra lavica e magma rappreso, caracollando nel verde della piana, una delle più fertili e antropizzate del mondo. Si snoda per 142 chilometri e 97 stazioni a estuario nella grande periferia orientale (Nola – Baiano – Ottaviano e Sarno – Poggiomarino e Torre annunziata, Pomigliano e Acerra), insinuando le propaggini nell’Avellinese e nel Salernitano. Serve oltre settantamila viaggiatori al giorno, quasi 26 milioni di passeggeri ogni anno. E dentro la ridda di binari – sistema nervoso di un caoticoe brulicante sistema urbano – le linee dal capoluogo menano alle città del Miglio d’oro, i centri archeologici fra i più famosi al mondo come Ercolano e Pompei, spingendosiancora più in là. In una cinquantina di minuti, eccoci a Sorrento, capolinea, si scende.
C’è la seconda affiliata. La ferrovia “MetroCampania Nord Est”, col tracciato che connette Napoli con Caserta e Piedimonte Matese, più conosciuta come l’Alifana: 82 chilometri di strada ferrata, quindici stazioni.Ad essa si aggiungono inoltre i 47 chilometri e le 12 stazioni della linea Caudina, nonché la cosiddetta Linea Arcobaleno che in 10 chilometri e 5 stazioni unisce Napoli a Giugliano ed Aversa.
Ancora non basta.Perché c’è un terzo tronco, ereditato dalla SEPSA: due linee che partendo dal terminal di Montesanto si diramano a ypsilon verso i Campi Flegrei. Fino a Torregaveta passando per Pozzuoli (la “Cumana”, 20 chilometri e 19 stazioni) o Licola (la “Circumflegrea”: 27 chilometri e 17 stazioni).
Ma non finisce qui. Perché l’Eav ha assorbito linee su gomma della fallita EavBus. Gestisce la funivia del Monte Faito. E si occupa anche della erogazione di elettricità per le luci dei cimiteri di Napoli: una bolletta di 2 milioni l’anno che il Comune non ristora, lascito che risale alle sue origini. L’istituzione infatti nel 1904 per accompagnare il Risanamento di Napoli assicurando alla città l’energia idroelettrica prodotta dalle sorgenti del Volturno. Solo nel 1931, infatti, la società diversificò le attività passando al settore dei trasporti.
Quanti sono i dossier che planano sulla scrivania del presidente, nel palazzone di Corso Garibaldi, sede dell’ente? Quante grane deve affrontare e garbugli risolvere ogni giorno, tra scioperi selvaggi, atti vandalici e danni dei treni, denunce di furti e aggressioni, gare d’appalto e ricorsi al Tar, accordi per investimenti di sviluppo come quello stipulato di recente con Metropolitana di Napoli per i lavori di impermeabilizzazione di una galleria nei pressi del Centro direzionale. Umberto De Gregorio, 60 anni, laurea in Economia e commercio con il massimo dei voti e una tesi su “Pasquale Saraceno”, un master in Economia dello sviluppo a Portici alla scuola di Augusto Graziani, dottore commercialista e revisore contabile, è un editorialista di Repubblica Napoli. Al timone dell’Eav è arrivato il 27 luglio del 2015. L’azienda sembrava aver imboccato il viale che porta al fallimento, sotto il peso di 560 milioni di debiti. In venti mesi si passa da una perdita di 27 milioni (2015) a un utile di 30 (2016), si chiudono 1300 contenziosi, si effettuano circa 200 transazioni per conseguire un risparmio stimato in 102 milioni. “In due anni – spiega il presidente – abbiamo messo sui binari 5 treni nuovi e 13 treni metrostar abbandonati in deposito per contenzioso. Nei prossimi due anni metteremo sui binari altri 14 treni nuovi ed altri 8 metrostar. Metteremo sui binari della Circumvesuviana 37 treni revampizzati. E faremo nuova gara per 30 nuovi treni”.
In dirittura di arrivo, atteso per giugno 2018, c’è anche un treno carico di… nuove assunzioni: trecentocinquanta giovani per condurre in porto una “operazione svecchiamento”. Se si guarda a tante società partecipate che, in Campania o altrove, sono afflitte da travagli di ogni genere e tipo, duole davvero che di Umberto De Gregorio ce ne sia uno solo.