Il ministro dell'economia Giovanni TriaIl ministro dell'economia Giovanni Tria

Politica interna

Nomine Rai. Adesso la Lega alza il prezzo. E pure di parecchio. Fa sapere che Fabrizio Salini, il candidato in cima ai sogni di Luigi Di Maio, non può guidare la Rai. È inopportuno, sostengono, perché detiene il 5% delle quote della “Stand by me”, la società di produzione fondata da Simona Ercolani, che avrebbe tra l’altro contratti in essere con viale Mazzini. E poi, veicolano dal Carroccio, è troppo renziano.«Vedrete che ci saranno belle persone, sganciate dalla politica». Matteo Salvini rassicura e, nell’attesa di capire se davvero sarà così, è cominciata una girandola di nomi per la Rai, che riguarda non solo le cariche di presidente e di ad, ma anche le direzioni dei Tg. Che di regola spetterebbero non ai partiti ma all’amministratore delegato. Le indiscrezioni provocano l’indignazione dell’opposizione e un richiamo del presidente della Vigilanza, Alberto Barachini (Fi): «Vigileremo». Le nomine di presidente e ad potrebbero arrivare già domani, all’assemblea degli azionisti. Ma intanto il totonomi impazza. Per la presidenza resta forte Giovanna Bianchi Clerici (in quota Giorgetti). Poche chance per Fabrizio Del Noce, esecutore dell’editto bulgaro berlusconiano. Mentre si torna a parlare di Giovanni Minoli.

L’allarme di Mattarella sul razzismo
. «Il veleno del razzismo continua a insinuarsi nelle fratture della società e in quelle tra i popoli. Crea barriere e allarga le divisioni. Compito di ogni civiltà è evitare che si rigeneri». Sergio Mattarella rievoca il Manifesto della razza firmato il 25 luglio 1938 da cattedratici, medici, intellettuali con la pretesa di «dare basi scientifiche» a un progetto in incubazione e dunque euforicamente fatto proprio dal fascismo, e avverte che xenofobia e intolleranza restano pericoli non archiviati. «Questa presa di posizione – afferma il Capo dello Stato – rimane la più grave offesa recata dalla scienza e dalla cultura italiana alla causa dell’umanità». Parla del passato, il presidente della Repubblica, ma in tutta evidenza parla anche dell’oggi perché il virus del razzismo è sempre più forte anche oggi. Non è un caso che Mattarella rievochi la crudeltà verso le popolazioni africane nelle nostre colonie, la persecuzione dei cittadini di religione israelita e la caccia spietata a rom e sinti.

Economia e finanza

Legge di Bilancio. Dalla manovra d’autunno arriveranno messaggi rassicuranti ai mercati, perché la sua definizione «ridurrà l’incertezza» sul nostro debito «mettendo in sicurezza i risparmi degli italiani». E in attesa di articoli e commi, ci pensa ancora una volta il ministro dell’Economia Giovanni Tria a dare garanzie. Rispondendo al question time in Aula alla Camera, Tria ribadisce l’obiettivo di «non peggiorare il saldo strutturale», quest’anno è all’1% del Pil, in un’ottica che mantiene fuori discussione l’idea di un superamento del 3%. Meno definitiva l’opinione del vicepremier Matteo Salvini: «Tria fa benissimo a essere il più prudente possibile – commenta a stretto giro -: l’obiettivo è rispettare le regole garantendo l’attuazione del contratto di governo e faremo il possibile per farlo. Se così non fosse ce ne faremo una ragione». «Confermo che si inizierà a implementare la riforma della flat tax fin dalla prossima legge di Bilancio». La riforma fiscale sarà introdotta in modo «graduale» e «compatibilmente con gli spazi finanziari ricavabili nel bilancio» ha spiegato il ministro dell’Economia. La manovra che verrà presentata a ottobre sarà «unitaria», terrà cioè conto di tutte le leve che il governo intende azionare per rimettere in moto la crescita. Quindi ci sarà anche il reddito di cittadinanza. Tutte le riforme avranno particolare attenzione «alle famiglie numerose».

Blitz del governo, azzerate le Fs. “Decapitato via Facebook l’intero cda: <Pensiamo che non esista attività industriale che non abbia un risvolto etico>”. C’è l’azzeramento dell’operazione che nel dicembre scorso ha portato l’Anas dentro Ferrovie dello Stato, osteggiata dal M5S, dietro il blitz con cui ieri il ministro Danilo Toninelli ha annunciato su Facebook la revoca (non ancora formalizzata) del consiglio di amministrazione del gruppo guidato dal «renziano» Renato Mazzoncini. Grazie alla norma introdotta dal centrodestra che permette di revocare tutte le nomine fatta da un governo nei sei mesi precedenti la sua scadenza «si chiede di provvedere alla convocazione d’urgenza dell’assemblea dei soci da tenersi entro il 31 luglio prossimo». Danilo Toninelli non ha digerito il mancato passo indietro chiesto nelle settimane scorse a Renato Mazzoncini. Per i due partiti di governo, entrambi con programmi da realizzare nei trasporti, quella di ieri è solo la prima mossa. La prossima sarà indicare nuovi vertici, operazione che formalmente spetta all’azionista, il ministero dell’Economia d’intesa con quello dei Trasporti. Proprio per questo, secondo indiscrezioni, non confermate dallo staff, non sarebbe piaciuto al premier Giuseppe Conte il modo in cui Toninelli ieri ha gestito mediaticamente la revoca del cda.

Politica estera

Crimea, Moavero gela Salvini. Se la guardi dagli scranni della maggioranza gialloverde la Crimea è russa. Ma è russa anche se la guardi dalla prospettiva del vicepremier Matteo Salvini che in un’intervista al «Washington Post» aveva definito legittimi l’annessione della Crimea da parta della Russia e il conseguente referendum. E però, ieri, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, rispondendo a una domanda di Laura Boldrini durante il question time in Parlamento, ha chiarito la posizione sulla Crimea: «Il governo ritiene che vadano sempre rispettate le regole del diritto internazionale e l’Italia non ha riconosciuto le autorità regionali designate nel marzo 2014, aderendo alle sanzioni in accordo con quanto stabilito dall’Ue». Pochi minuti prima, a Palazzo Madama, la commissione Esteri, con il consenso unanime, esprimeva le priorità dei lavori. Al primo posto ci sono proprio i rapporti con la Russia. Perché al di là del governo, «il Parlamento sarà centrale in questa legislatura e si muoverà in maniera totalmente autonoma», dice il presidente della Commissione, il pentastellato Vito Petrocelli.

Dazi Usa. La pace è fatta. Donald Trump e Jean Claude Juncker hanno trovato un accordo. Dopo una vigilia di rinnovate tensioni, Trump ha accolto alla Casa Bianca il presidente della Commissione europea su note apparentemente distensive, anche se il clima è rimasto carico di inquietudini. «Spero si possa trovare un accordo», ha dichiarato il presidente Usa, che ha evocato l’ideale fin troppo ambizioso di «no dazi, no barriere e no sussidi» e ha definito Juncker «un uomo molto intelligente e un duro negoziatore». Una definizione certo più rassicurante di quella di «brutale killer» di cui Trump l’aveva gratificato qualche tempo fa. Gli Stati Uniti non tasseranno le auto europee del 25 per cento come minacciato. Mentre l’Unione Europea s’impegna a importare più soia – compensando le perdite americane sul mercato cinese – ad abbassare le tariffe industriali e ad aumentare le esportazioni di gas naturale. Juncker ha evidenziato che «siamo amici e stretti partner, alleati e non nemici»: come tali, la Ue e Washington devono lavorare «insieme» per risolvere le attuali tensioni commerciali e piuttosto ridurre i dazi, non aumentarli.