Politica Interna
Formazione nuovo governo. Sergio Mattarella li aspetta nel pomeriggio, in delegazioni separate, per sentirsi dire il nome della persona sulla quale hanno trovato un’intesa per il ruolo di premier. Tra i nomi in circolazione, il più accreditato resta quello indicato dai pentastellati, Giuseppe Conte, docente di Diritto privato a Firenze, che era stato chiamato a dare un contributo alla stesura del «contratto». Nella compagine di governo, il capo dei grillini punta a diventare superministro di Lavoro e Sviluppo economico, con il segretario leghista all’Interno, dicastero chiave per il tema dell’immigrazione. La spina è legata ai nomi di Paolo Savona e Giampiero Massolo, papabili ministri per l’Economia e gli Esteri. Ma in Lega si attendono problemi: «La squadra è equilibrata per gli Esteri e l’Economia i nomi sono di garanzia e non imputabili di estremismo. Ma non siamo affatto sicuri che il Colle li accetterà senza battere ciglio». La preoccupazione è che possa essere messa in discussione l’intera fisionomia del governo in gestazione.
Berlusconi. Silvio Berlusconi con il passare dei giorni sta maturando un giudizio sempre più negativo su questo esperimento basato su un «programma dannoso per l’Italia». Il presidente di Forza Italia non nasconde le proprie perplessità neppure sull’atteggiamento tenuto in queste settimane dal capo dello Stato che non avrebbe creato le condizioni per far nascere un governo di centrodestra, sicuramente più affidabile di un esecutivo basato sull’unione delle forze populiste, del tutto privo di ancoraggio «europeo». Analoghe perplessità sono diffuse dentro Fratelli d’Italia dove l’invito last-minute di Salvini a far parte di un governo di cui già è stato deciso il premier, il programma e i ministri viene considerato vagamente offensivo. Chissà se Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, i due sconfitti delle ultime elezioni, si rendono conto di quanto sia stato grande l’errore che commisero quando ebbero la possibilità di fare (insieme) una buona legge elettorale e buttarono via l’occasione. L’errore che Renzi e Berlusconi commisero fu quello di non capire che l’estremismo montante non si può sconfiggere a colpi di proporzionale. Per batterlo occorre ricorrere a una qualche variante del sistema maggioritario.
Politica Estera
Situazione in Turchia. Il presidente turco si è recato in Bosnia Erzegovina, la cui popolazione è per metà musulmana e che è retta da un equilibrio politico molto fragile, accolto con gli onori riservati ai grandi capi di Stato. La motivazione ufficiale della visita era ricevere un dottorato honoris causa nell’università che lui ha fatto costruire, ma soprattutto per tenere un discorso in vista delle prossime elezioni politiche e presidenziali nella Mezzaluna, dove il Reis turco si gioca il tutto per tutto, con una crescita economica che non è più quella di una volta e con le accuse di violazione dei diritti umani e autoritarismo, che ormai sono all’ordine del giorno. Tante, troppe persone in Turchia hanno vissuto sulla propria pelle le conseguenze dell’Ohal, lo stato d’emergenza decretato all’indomani del fallito colpo di Stato del 15 luglio 2016 e tuttora in vigore. II giro di vite ha travolto ogni settore del Paese nell’estenuante ricerca dei «traditori della patria». La cultura non ha fatto eccezione. Migliaia di teatri sono stati chiusi, centinaia di festival cancellati e anche gli attori sono finiti all’indice esattamente come i giornalisti e i professori universitari.
Vaticano. Papa Francesco annuncia a sorpresa, senza nemmeno preavvisare gli interessati, un concistoro per la creazione di 14 nuovi cardinali, 11 dei quali elettori in caso di conclave, più tre ultraottantenni. Riceveranno la berretta il prossimo 29 giugno. Colpisce la decisione sulle diocesi italiane: l’unico, oltre al Vicario di Roma, è l’arcivescovo dell’Aquila, una berretta rossa come segno di vicinanza alle popolazioni terremotate. L’arcivescovo Konrad Krajewski, l’Elemosiniere di Francesco che i senzatetto chiamano «don Corrado» e la notte gira per Roma con un furgoncino bianco per aiutare chi sta per strada, ha saputo di essere diventato cardinale dalla tv. «Mi stavo preparando per andare in bici a controllare un appartamento per una famiglia di profughi di Aleppo, domani consegniamo le chiavi, e intanto ascoltavo il Regina Coeli, ho sentito il mio nome…Questo è il pontificato delle sorprese, ma la porpora non è per me: penso che il Papa abbia voluto darla ai poveri, agli scartati, sono loro ad essere importanti…».
Economia e Finanza
Nodo Tav. Senza la tratta di Tav che collegherà l’Italia alla parte francese già pronta, Piemonte e Liguria (già in declino) rischiano di non risalire la china. Anche il Veneto ne soffrirebbe. Infatti la tratta di Tav da Trieste al Baden Württemberg, che ha come epicentro Stoccarda e che sfiora la Baviera, non avrebbe più convenienza. La Liguria, la regione del triangolo industriale che ha subito di più il declino dell’economia dall’entrata in funzione dell’euro, ha un bisogno assoluto del completamento della Tav perché ha bisogno di alimentare il triangolo industriale verso Torino e Milano, il nord-est e l’Europa con il suo porto Genova-Savona, che ora gode del vantaggio dovuto al raddoppio del canale di Suez che fa affluire al Mediterraneo il traffico navale asiatico. È una questione di «buon sense», oltre che di «credibilità in Europa». La Tav «si deve fare e anche in fretta». Perchè «è fondamentale poter garantire l’efficienza di un sistema di scambi ambientalmente accettabile tra l’Italia e un’area così cruciale per l’export». Mario Virano, direttore generale di Telt, la società italo francese promotore pubblico responsabile dei lavori della sezione transfrontaliera del collegamento ferroviario Torino-Lione, di «inutilità» dell’opera non vuole nemmeno sentirne parlare.
Pensioni. Roma e velleità controriformistiche della compagine giallo-verde in materia previdenziale molto presto dovranno fare i conti con l’amara realtà. La spesa pensionistica, secondo quanto evidenziato da un capitolo del Def 2018 dedicato a questo tema, è destinata a decrescere in percentuale del Pil fino al 2020 in virtù della riforma Fornero per poi tornare a crescere in virtù delle tendenze demografiche legate al progressivo pensionamento dei baby boomers. Quello che Lega e M5S stanno facendo finta di non sapere è che fare uscire dal mondo del lavoro i sessantenni con le regole attuali del sistema previdenziale significa aumentare il numero delle prestazioni pagate nei prossimi trent’anni. Va però tenuto presente che nel contratto tra Lega e M5S non si parla di Ape volontario, il nuovo strumento finanziario attivo da poco più di un mese per consentire ai 63enni con 20 anni di contributi di uscire dal mercato del lavoro con un anticipo fino a 43 mesi. La misura in effetti è sperimentale e non impatta sulle finanze pubbliche poiché i beneficiari si autofinanziano con una tariffa amministrata per poi rimborsare il prestito-ponte nei primi vent’anni di pensione.