Politica Interna
Monito di Mattarella a Lega e M5s. Il presidente della Repubblica fissa il primo paletto. «Le teorie sovraniste propongono soluzioni tanto seducenti quanto inattuabili, certe comunque di poterne addossare l’impraticabilità all’Unione». II Quirinale, dopo che aveva annunciato di voler varare un “governo neutrale”, ha concesso i tempi supplementari ai partiti. Ma non può tollerare lungaggini. Per domenica attende da Salvini e Di Maio di essere aggiornato sulla trattativa per valutare un eventuale incarico. II Quirinale si aspetta che si tratti di una figura di indiscutibile affidabilità europeista. Mattarella infatti sostiene che di fronte a un mondo sempre più «turbato occorre unirsi e non dividersi», iniziare a sfatare «narrazioni» che ingannano l’opinione pubblica spingendo i cittadini a pensare che i singoli Stati «possano farcela da soli». Le formule solitarie non funzionano in un mondo globalizzato e nemmeno permettono di governare paesi complessi come il nostro.
Programma “giallo-verde”. Si a un premier terzo, reddito di cittadinanza, superamento della legge Fomero, minibot, flat tax, riduzione dei costi della politica, contrasto all’immigrazione clandestina. L’intesa programmatica tra Cinque Stelle e Lega va avanti. Si ragiona anche sulle caselle da riempire per un possibile governo. Ma qui la situazione è un po’ più complicata. Intanto, il prossimo passo: i due partiti dovranno sviluppare quei titoli, ciascuno in questi giorni produrrà una scheda ad hoc per ogni argomento, completa di previsione di coperture e tempi di attuazione, e poi, un nuovo appuntamento servirà a tentare una sintesi delle posizioni. Per cominciare a stendere il famoso contratto di governo in cui verranno rispettati i parametri europei. E che vede profilarsi un governo giallo-verde modello “legge e ordine”, con un’impronta fortemente di destra. Quanto al conflitto di interessi, non si è entrati nel dettaglio.
Economia e Finanza
Manovra finanziaria. A che punto collocare l’asticella del deficit 2019? La questione deficit sarà affrontata negli incontri in calendario oggi con la Lega che resta propensa ad avvicinarsi al “tetto ideale” del 3% (senza comunque sfondarlo, almeno per il momento) mentre i Pentastellati sono orientati a mantenere una posizione più un in linea con i vincoli Ue. Non a caso almeno fino ai giorni scorsi le prime stime elaborate dai Cinquestelle prevedevano un deficit programmatico per il prossimo anno non distante dallo 0,8% indicato nel quadro tendenziale del Def presentato dal Governo Gentiloni. Con tutta probabilità, il compromesso verrà trovato a metà strada con un deficit tra l’1,1 % e l’1,4%. Il tavolo sul programma comune è partito. Nel contratto entra tutto, anche quello su cui alla vigilia sembrava ci fossero distanze incolmabili. Soprattutto prende forma la nuova versione di Flat Tax che dovrebbe entrare nel «contratto di governo» fra M5S e Lega insieme alla riforma delle pensioni, il rilancio del reddito di cittadinanza, le misure sulla scuola e alle nuove regole sul conflitto d’interessi, per ora concentrate su mafia e criminalità.
Ilva. Fallisce l’ultima mossa di Carlo Calenda per l’Ilva. Il tentativo in extremis del ministro dello Sviluppo del Governo uscente di ricomporre la frattura del tavolo sindacale trova l’opposizione dei sindacati. Ora il confronto tra le parti rischia di entrare in una terra incognita. «Incomprensibile», cosi il ministro dello Sviluppo definisce l’epilogo della vicenda IIva. «Una cosa – spiega Carlo Calenda – che sta a metà tra il populismo sindacale e il sindacalismo politico (…) La posizione di totale chiusura di Uilm, Fiom e Usb ha fatto cadere ogni possibilità. (…) Per questo ho fatto pubblicare la bozza di accordo sul sito del Mise. Non voglio che il Governo, qualsiasi esso sia, si trovi ad essere messo sul banco degli imputati, come è accaduto per Almaviva e Alitalia, dagli stessi sindacati che bocciando accordi giusti e ragionevoli hanno posto le premesse per licenziamenti collettivi e sperpero di soldi dei cittadini».
Politica Estera
Macron e l’UE. Ieri il presidente francese Emmanuel Macron ha ricevuto ad Aquisgrana dalla cancelliera Merkel il premio Carlo Magno, per la sua visione e l’impegno a rifondare l’Ue e rilanciare il progetto europeo di fronte al ritorno dei nazionalismi e all’avanzare dei movimenti populisti. Quello a Macron, premiato per la sua «visione europeista» e «l’impegno a rilanciare la costruzione comunitaria», è l’incoraggiamento a un leader deciso a contrastare il ritorno dei nazionalismi e l’avanzata dei populismi euro- scettici. Ma com’era da attendersi, la cancelliera non si è sbilanciata sulle cose concrete, preferendo rimanere nella generica formula che «l’Europa ha bisogno di una nuova ripartenza». Il rapporto a due tra Parigi e Berlino resta quindi al centro della strategia europea di Macron che continua a insistere su una Ue a più velocità. La politica di Macron- interna, europea ed estera – ruota però tutta sul concetto dei “capocordata”, che vanno sostenuti; e in Europa i primi sono oggi Francia e Germania
Questione iraniana. La divergenza tra Ue e America sulla questione iraniana fa sospettare un difetto di analisi strategica degli europei. Washington ha dovuto mostrare a sauditi e israeliani che vorrà e saprà proteggerli, fermando l’espansione iraniana verso il Mediterraneo e lo Yemen, e non riconoscendo Teheran come potenza regionale. Le sanzioni economiche serviranno a costringere al ritiro l’Iran, il cui regime cercherà di evitare una rivolta interna innescata dall’impoverimento. In particolare, l’azione è finalizzata a costringere la Russia a svolgere il suo ruolo di garante dell’Iran in modi compatibili con la non proliferazione nucleare, cosa che si sospetta non stia facendo, e a controllare meglio i comportamenti dell’Iran nei confronti di Israele. Benjamin Netanyahu ha convocato al tramonto il consiglio di sicurezza e aggiornato i ministri anche sui colloqui con Vladimir Putin a Mosca da dove è appena rientrato. Il quotidiano Jerusalem Post considera Putin l’unico leader in grado di limitare la presenza dell’Iran — di cui è alleato nel garantire la sopravvivenza del dittatore siriano Bashar Assad — senza arrivare a un conflitto allargato. Il premier israeliano avrebbe discusso con lo Zar anche dei raid, giudicati da Mosca «una escalation pericolosa».