Politica Interna
Camere, trattative in stallo. Sulle presidenze delle Camere si registra ancora uno stallo e il vertice dei capigruppo delle forze che siedono in Parlamento ieri si è concluso con un nulla di fatto. Oggi iniziano le sedute per eleggere i presidenti. Ma le trattative sono ancora nel caos. Forza Italia insiste su Paolo Romani alla presidenza del Senato. Ma il Movimento 5 Stelle frena, e si rifiuta di incontrare Berlusconi. Non solo. I pentastellati dopo aver fatto una timida apertura al Pd hanno chiuso: nessun piano B con i democratici. Luigi Di Maio però ci crede fino alla fine: «Vedrete… Salvini proverà a convincere Berlusconi a cambiare nome, altrimenti romperà con lui». La grande trattativa in vista dell’elezione dei presidenti delle Camere è così in stand-by, così come la bozza di accordo che prevedeva la poltrona più alta di Montecitorio per i Cinquestelle e quella di Palazzo Madama per il centrodestra e per Forza Italia in particolare.
Italia e Ue. L’incertezza sulle possibili vie d’uscita politiche è accompagnata dalla rassicurazione che l’Italia non è un Paese allo sbando. E’ proprio questo il senso della presenza di Gentiloni a Bruxelles, che ha deciso di fare fino in fondo il suo dovere, occupando la sedia italiana al summit Ue e difendendo le posizioni nazionali nei tanti dossier discussi ieri. Saltando la trasferta bruxellese avrebbe dato un segnale di allarme. «In una fase così particolare per le cose italiane – dice Gentiloni – è molto importante tenere un rapporto e un raccordo con l’Europa». C’è tanta carne sul fuoco europeo e l’Italia non può permettersi di stare a guardare. In Europa, nelle prossime settimane e mesi, si prenderanno decisioni destinate a influenzare la vita dei cittadini e delle imprese per anni, forse per decenni. Tutto questo rischia di avvenire mentre l’Italia non può avere piena rappresentanza politica ai tavoli europei.
Politica Estera
Dazi USA contro la Cina. Con un capitombolo di oltre 700 punti nel Dow Jones (3 per cento), Wall Street ha reagito all’offensiva protezionistica avviata ieri da Donald Trump contro la Cina e agli inevitabili timori di una guerra commerciale planetaria. Il presidente americano ha firmato i documenti che introdurranno, tra 15 giorni e in attesa delle osservazioni dai vari comparti dell’economia, dazi punitivi sulle importazioni negli Usa di prodotti cinesi per un valore di quasi 60 miliardi di dollari. I settori interessati comprendono l’aerospaziale, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, i macchinari. Trump mette in chiaro di nutrire «enorme rispetto» per il presidente cinese Xi Jinping e di vedere in Pechino «un amico», ma rimane il fatto che il deficit commerciale degli Stati Uniti con il partner asiatico è «troppo alto».
Facebook e Cambridge Analytica. Non si attenua la bufera su Facebook travolta dal Datagate, nemmeno dopo il mea culpa del suo fondatore Mark Zuckerberg che ha spiegato di essere disponibile anche all’istituzione di nuove regole per i social network. Ma soprattutto ha annunciato di essere pronto a «testimoniare davanti al Congresso». «E stato un errore fidarsi di Cambridge Analytica, la società che ha comprato i dati personali di 50 milioni di utenti Facebook utilizzandoli per scopi politici», ha poi ammesso Mark Zuckerberg, parlando di «fiducia intaccata» tra Facebook e i suoi utenti. È una svolta radicale, profonda per il giovane imprenditore che nel 2016 aveva liquidato come «una sciocchezza» il sospetto che i russi potessero manovrare online per inquinare le presidenziali.
Economia e Finanza
Italia e lavoro. Se la disoccupazione giovanile in Italia è crollata dal picco del 43,6% di quattro anni fa al 32% attuale, non possiamo illuderci di essere usciti da una delle crisi più preoccupanti che riguardano il nostro Paese: quella del lavoro. Il quadro generale sembra roseo: per descrivere l’attuale andamento dell’economia, il presidente della Bce Mario Draghi non parla neanche più di ripresa, ma di “espansione”. Che continua a irrobustirsi in tutti i Paesi della zona euro, secondo il Bollettino economico diffuso ieri, e sembra trainare anche l’occupazione. Ma nel Bollettino, gli economisti di Draghi individuano un tallone d’Achille del lavoro in Italia: il fenomeno della cosiddetta “sottoccupazione”. Un articolo dedicato a questo fenomeno ricorda che si tratta di coloro che hanno un part-time ma vorrebbero lavorare di più. La reintroduzione nel 2018 degli incentivi per le assunzioni stabili ha prodotto un primo risultato: a gennaio il saldo dei contratti a tempo indeterminato è tornato positivo, sono però risalite le domande di disoccupazione. La fotografia scattata dall’Inps mostra, dunque, un mercato del lavoro in chiaro-scuro.
Vivendi e Tim. Vivendi spariglia il gioco e a sorpresa ferma la manovra di Elliott su Tim facendo dimettere i suoi rappresentanti dal consiglio e provocando così la decadenza dell’intero board. Era probabilmente l’unica mossa possibile per difendersi e guastare i piani del fondo, che aveva chiesto di integrare l’ordine del giorno della prossima assemblea, il 24 aprile, con la revoca di sei consiglieri indicati da Vivendi e la sostituzione con altri sei scelti dal fondo Usa. A questo punto la revoca non è più possibile e il board di Tim ha deciso a maggioranza di spostare al 4 maggio l’assemblea dei soci per la nomina di un nuovo consiglio. La mossa del Cavillo — che di questo si tratta — azzardata da Vivendi ha due effetti immediati. Il primo, positivo per i francesi perché li potrà aiutare a mantenere il loro potere in Telecom, è quello di spaccare il fronte dei fondi di investimento azionisti della società; il secondo effetto — forse negativo per loro, ma ormai in sostanza trascurabile — è quello di irritare ancor di più il governo uscente. Sul metodo ci sarà discutere, ma sul merito la strategia dei francesi può funzionare.