Politica Interna

Berlusconi, chiede di rientrare in politica. Berlusconi ha presentato ai giudici l’istanza per essere riabilitato. II leader di Forza Italia chiede quindi di poter rientrare in politica per correzioni, diritto che fino ad ora gli è stato negato dalla legge Severino. Questo mentre Berlusconi è al centro del braccio di ferro tra centrodestra e 5 Stelle che si rifiutano di incontrarlo. La riabilitazione è un obiettivo decisivo per il leader di Forza Italia perché gli consentirebbe di potersi candidare di nuovo ad eventuali elezioni, diritto che fino ad ora gli è stato negato dall’articolo 15 della legge Severino che sancisce, appunto, l’incandidabilità al Parlamento per i sei anni successivi a una condanna definitiva. Contro questo divieto l’ex premier ha fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Strasburgo ha cominciato ad esaminarlo lo scorso novembre, ma la sentenza potrebbe non arrivare prima del prossimo autunno. Intanto i capigruppo di Fi al Senato e alla Camera, Annamaria Bernini e Mariastella Gelmini, nell’incontro con i presidenti pentastellati Giulia Grillo e Danilo Toninelli, ribadiscono che: «Il nostro leader è Silvio Berlusconi, che sarà parte delle consultazioni che si terranno a partire dalla prossima settimana». Il fatto positivo è che il confronto si sposta sul programma, come il centrodestra chiede, perché i grillini presentano 10 punti su cui un accordo si può trovare. Ma, al di là della liturgia politica, Bernini e Gelmini chiariscono che il Cavaliere dev’essere legittimato. Una volta esauriti i contatti a livello parlamentare, che proseguiranno «continuativamente» nei prossimi giorni, si dovrà passare ad «un altro livello, di governo, che è quello dei leader» e allora dovrà entrare in scena Berlusconi. Il punto è uno solo. «Mettere in discussione la leadership di Berlusconi – dice la Gelmini vuol dire troncare con Fi».

Camere, M5S acchiappatutto. In superficie, a colpi di tweet e dichiarazioni, Di Maio e Salvini battagliano e marcano le distanze su chi debba andare a Palazzo Chigi. Sotto traccia, alla prova dei numeri d’aula, i 47 voti in più presi dal questore grillino Riccardo Fraccaro alimentano le voci su un asse Lega-M5s più forte di quanto sembri. Certo, se quelle della mattinata dovevano essere prove tecniche di maggioranza, col primo vertice al quale partecipano capigruppo del Movimento e del centrodestra, potenziali alleati di governo, per il momento si sono arenate. Anzi, infrante contro il convitato di pietra: sempre lui, Silvio Berlusconi, al quale i grillini chiudono ancora le porte. Matteo Salvini ha ben chiaro che Luigi Di Maio sta giocando una doppia partita, lasciando aperta una breccia al Pd. E in serata il suo comunicato tradisce l’insofferenza: «Il mio obiettivo è andare al governo. Siamo disposti a dialogare con tutti ma non saremo subalterni a nessuno, visto che il centrodestra è la coalizione più votata dagli italiani». È la conferma della linea dura: non cederemo sulla leadership a Di Maio. Trionfanti, i cinque stelle annunciano: abbiamo il controllo dell’ufficio di presidenza della Camera. L’obiettivo di ieri è stato raggiunto, ai danni del Pd, che ha avuto solo una vicepresidenza. E di Fratelli d’Italia, con il capogruppo Fabio Rampelli che denuncia: «Seguono le più fameliche tradizioni democristiane». «Con Fico presidente e Fraccaro questore anziano per i vitalizi ora non c’è scampo», dice un insolitamente allegro Luigi Di Maio alla buvette.

Politica Estera

Spia avvelenata, Putin reagisce. Espulsi per ritorsione 150 diplomatici occidentali. Una risposta «speculare»: Mosca espellerà tanti diplomatici stranieri quanti i russi cacciati via dai diversi Paesi dell’Unione Europea e dell’Alleanza atlantica nei giorni scorsi. Si inizia con gli Stati Uniti: ai sessanta diplomatici russi allontanati da Washington e alla chiusura del consolato russo di Seattle, segue l’espulsione di altrettanti funzionari americani dalla Federazione e la chiusura del consolato statunitense a San Pietroburgo. Immediata la risposta dell’amministrazione Trump che ha invitato il Cremlino a «non fare la vittima». Ma questo è soltanto l’inizio. Perché Mosca ha annunciato che agirà secondo un criterio di reciprocità. E dunque se oltre 20 Paesi fra Nato e Ue avevano espulso circa 150 diplomatici russi, la stessa sorte toccherà ai rappresentanti di quelle nazioni. E poiché l’Italia ne aveva cacciati due, c’è ora da aspettarsi che il Cremlino farà altrettanto con due nostri connazionali all’ambasciata a Mosca. Una comunicazione a questo proposito potrebbe arrivare alla Farnesina già oggi. All’indomani della tirata d’orecchie riservata dall’ambasciata russa al governo Gentiloni strizzando l’occhio a Lega e M5S. «Speriamo – scrivono i russi – che il nuovo esecutivo, espressione dell’esito delle elezioni» cambi linea e «voglia perseguire con decisione una politica di sostegno al dialogo». Siamo di fronte alla più massiccia espulsione Est-Ovest dai tempi della Guerra Fredda. E il tutto è la conseguenza del caso Skripal, l’avvelenamento dell’ex spia russa e di sua figlia Yulia avvenuto a Salisbury, in Inghilterra.

Coree, passo verso il disgelo: vertice Kim-Moon il 27 aprile. «Forse funzionerà, ma non lo sappiamo. Staremo a vedere, sarà interessante». Donald Trump rilancia sull’ipotesi di negoziati con Pyongyang, dopo la visita di Kim Jong-un a Pechino e il summit convocato tra le due Coree. Sono toni radicalmente diversi quelli del presidente Usa sul dossier nordcoreano rispetto a qualche mese fa. Segnali di distensione, col nuovo passo in avanti nel processo di normalizzazione del rapporto nel terzo summit intercoreano che si terrà il 27 aprile alla Peace House del villaggio di confine di Panmunjom, dove il presidente Moon Jae-in e il leader Kim Jong-un si ritroveranno negli sforzi di avviare il processo di pace e di gettare le basi per la denuclearizzazione della penisola. Gli accordi raggiunti ieri dalle due delegazioni, sempre a Panmunjom, prevedono un passaggio supplementare mercoledì per discutere a livello operativo su protocollo, copertura dei media e misure di sicurezza da adottare nel vertice. Nel “2018 South-North summit”, «il tema della denuclearizzazione è stato discusso come il più importante in agenda», ha notato il ministro dell’Unificazione Cho Myoung-gyon, a capo della delegazione di Seul, aggiungendo che gli argomenti del vertice non sono stati ancora definiti. Per il capo della delegazione nordcoreana Ri Son-gwon, invece, «tutto quello che la nostra gente vuole è in agenda». La Peace House, in territorio sudcoreano, farà in modo che Kim sarà il primo leader in tre generazioni a mettere piede al Sud dalla fine della Guerra di Corea. Nell’incontro a sorpresa di pochi giorni fa a Pechino con il presidente cinese Xi Jinping, Kim ha detto di essere impegnato sulla denuclearizzazione «in linea con il desiderio» di suo padre Kim Jong-il e di suo nonno Kim II-sung, ma che il processo dipende da Usa e Corea del Sud e dal loro reale desiderio di centrare l’obiettivo.

Economia e Finanza

M5S – Lega: risoluzione condivisa sul Def. Non è ancora chiusa la partita sulle commissioni speciali per esaminare gli atti urgenti del Governo in attesa che si formi una maggioranza. Anche perché sono in ballo passaggi delicati come quelli sul Def e su eventuali decreti che potrebbero rendersi necessari nel caso in cui si prolungassero i tempi per la nascita di un nuovo Governo. II Senato ha formalizzato la costituzione della super-commissione, la Camera, complice l’assenza di esponenti del Governo, ha invece preso tempo. La posta, del resto, non è di poco conto. Basti pensare che nel caso in cui il “parlamentino provvisorio” di Palazzo Madama fosse chiamato a riferire sul Def in Aula, dove poi dovrebbero essere votate le necessarie risoluzioni, già ora si prefigurerebbe una maggioranza di fatto per “impegnare” il Governo a superare la riforma Fornero sulle pensioni. Nell’eventualità in cui l’esecutivo Gentiloni presentasse, come probabile, il Def entro la fine di aprile limitato alla sola legislazione vigente” verrebbe invece quasi sicuramente considerata indispensabile per garantire nel medio-lungo periodo la sostenibilità del nostro sistema previdenziale. In assenza di un Documento completo i partiti, soprattutto quelli premiati dalla tornata elettorale come M5S e Lega, tenderanno a condizionare i lavori in Commissione e, poi in Aula, a caratterizzare le risoluzioni, o la risoluzione unica, da votare con le parti essenziali del loro programma dal reddito di cittadinanza alla Flat tax, oltre al superamento della legge Fornero. Riccardo Fraccaro, deputato del M5S, tiene aperta la porta a una possibile alleanza di programma con la Lega Nord. “Difficile – dice – slegare il Def dalle consultazioni» per la formazione dell’esecutivo che iniziano la prossima settimana. Se ci sarà un orientamento a fare un governo, si può anche pensare a una risoluzione condivisa sul Documento di economia e finanza”.

Pensioni, più del 70% sotto mille euro. Gli italiani, nel 2017, in media sono andati in pensione a 63 anni e mezzo. Meno dei 66 anni e 7 mesi, che diventeranno 67 a gennaio del 2019, previsti dalle norme. Ma un po’ più dei 63 anni e due mesi medi del 2016 e, soprattutto, dei 59 anni e 7 mesi del 2003. Prestazioni previdenziali tenute a freno dalle riforme pensionistiche mentre continuano a salire gli assegni assistenziali come conseguenza dell’invecchiamento della società. E’ questa la fotografia che emerge dall’Osservatorio Inps sulle pensioni aggiornato al primo gennaio del 2018. I dati si riferiscono alle pensioni Inps dei dipendenti privati e dei lavoratori autonomi, esclusi quindi i dipendenti pubblici (ex Inpdap) e la gestione sport e spettacolo (ex Enpals). Le pensioni vigenti sono circa 17,9 milioni di cui quasi 14 di natura previdenziale, cioè originate dal versamento di contributi, e il resto (3,9 milioni) assistenziali, cioè erogate a invalidi civili oppure a persone senza altri redditi (assegni sociali). Il totale della spesa è ammontato nel 2017 a 200 miliardi (+1,57% sul 2017), di cui 179,6 miliardi per le gestioni previdenziali (circa il 10,5% del Pil). Colpisce l’andamento dal 2004 a oggi. In 15 anni il numero delle prestazioni assistenziali è salito da circa 2,7 milioni nel 2004 a 3,9 milioni nel 2018, con un aumento del 44% mentre gli assegni previdenziali sono scesi da 14,1 milioni a 13,6 milioni (- 3,5%). Sotto i mille euro sta il 70,8% degli assegni, 86% di quelli corrisposti alle donne. Il dato diffuso dall’Istituto presieduto da Tito Boeri non è riferito ai pensionati, ma alle pensioni. Non vengono contate le teste ma le prestazioni. Significa che un ex lavoratore può incassare anche due assegni previdenziali inferiori a mille euro, facendo superare al suo reddito complessivo la soglia. Ed in effetti, se si passa dalle pensioni singole al reddito dei pensionati, quelli che sono sotto il limite dei mille euro sono molti di meno.