Politica interna
Mattarella chiede «responsabilità». Al Quirinale ieri nemmeno volevano rispondere alla domanda se quel messaggio lanciato da Mattarella si rivolgesse al Pd riunito in Direzione. E per evitare ogni equivoco, i più stretti collaboratori del capo dello Stato, hanno diffuso un comunicato nel quale si legge che in nessun modo le sue dichiarazioni sulla «responsabilità verso le comuni sorti dell’Italia» e sulla necessità«di costruire il futuro del Paese senza chiudersi nella propria dimensione personale, con egoismo» sono da legare all’attuale contesto. Un chiarimento forse necessario visto che invece il contesto qualche collegamento lo offriva. Ed era appunto la riunione del Pd che, dopo le dimissioni sel segretario Renzi, ha approvato la relazione di Maurizio Martina. Il partito ribadisce che starà all’opposizione ma è «pronto a garantire l’apporto istituzionale». Accanto al fantasma di Renzi aleggia tuttavia sulla direzione lo spirito di Mattarella: se il presidente chiamerà, i non renziani risponderanno. In teoria l’ex segretario ha scelto di persona quasi tutti i parlamentari; ma l’aveva fatto pure Bersani, e dopo poco erano passati quasi tutti con il vincitore. Quanto a Renzi, nessuno crede davvero alla parabola del «senatore semplice»: dentro o fuori del Partito democratico, l’ex segretario resterà in campo.
Ira Di Maio dopo il no del Pd. «Dobbiamo stare tranquilli. Gli italiani hanno premiato noi e punito loro. Se ci impediranno di andare al governo, sarà chiaro a tutti che sono degli irresponsabili». Luigi Di Maio si chiude in riunione per tutto il pomeriggio nel quartier generale di via Piemonte con i suoi fedelissimi. La chiusura che arriva dalla direzione Pd era quasi scontata, ma sono in molti tra i 5 stelle ad ammettere: «Ce li aspettavamo più arresi, e invece sono un coacervo di renziani con la spocchia». Insomma, dopo la doccia fredda dell’esito della direzione del Pd che chiude a ogni ipotesi di intesa, la pazienza della leadership grillina sta per finire. Di Maio sarebbe intenzionato ad anticipare il suo piano B: chiudere un accordo con la Lega su una legge elettorale con premio di maggioranza e tornare al voto entro un anno. Per realizzarlo però serve un governo. E vista l’irriducibilità degli avversari, il M5S sarebbe pronto a dare un sostegno esterno a un esecutivo garantito da Sergio Mattarella, con tutti dentro e con un solo scopo: cambiare le regole del gioco.
Economia e finanza
Draghi: completare l’Unione bancaria. II presidente della Banca centrale europea, Mario Dragi, vedrà questa mattina all’Eliseo Emmanuel Macron, per parlare degli equilibri europei dopo le elezioni italiane e il nuovo governo in Germania. Draghi e il presidente francese si trovano d’accordo sulla necessità di andare avanti con l’integrazione e in questo senso si è espresso il presidente della Bce ieri davanti all’Eurogruppo a Bruxelles. Secondo fonti Ue, Draghi ha sottolineato che sul fronte dell’Unione bancaria c’è stata una riduzione significativa e sufficiente dei rischi, tale da consentire l’avvio dei negoziati per la prima fase dello schema comune di assicurazione sui depositi (Edis). Dunque ci sarebbero le condizioni per avviare la fase di riassicurazione con l’obiettivo di fornire liquidità alle banche che devono rimborsare i correntisti, sotto forma di prestito. Secondo il presidente della Bce deve continuare parallelamente il lavoro per la riduzione dei rischi, ma il negoziato intanto può partire. I ministri: accordo entro giugno. Ma la Germania frena: troppi Npl.
Padoan prepara il Def «tecnico». Sembra un test sulla politica di bilancio, ma è invece una prima prova di quanto i partiti vincitori di queste elezioni, i Cinque Stelle e la Lega, comprendano e soprattutto accettino le regole di governo dell’area euro. Non sono dunque in gioco i saldi di deficit o il volume del debito ma la cornice istituzionale attorno a quelle grandezze finanziarie. L’Italia continua a gestire il suo bilancio nei binari di procedure legali dell’Unione Europea. Come ogni anno, attorno al 10 aprile il governo uscente dovrebbe varare il Documento di economia e finanza (Def) ed entro la fine del prossimo mese dovrà mandarne alla Commissione Ue la parte principale: quella che indica le tendenze dei conti pubblici, gli obiettivi di bilancio dell’Italia e le misure previste per centrarli. II governo uscente di Paolo Gentiloni e del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan non intende, tuttavia, presentare in Europa documenti programmatici con i previsti obiettivi di debito e deficit alla scadenza di metà aprile prossimo. Padoan, a Bruxelles per l’Eurogruppo dei 19 ministri finanziari, ha annunciato di essere impegnato solo «sul quadro tendenziale, che comprende aggiornamenti in base alla variazione delle variabili esogene dell’economia mondiale e alle nuove proiezioni del Pil della finanza pubblica definite in base a questo quadro». II ministro ha specificato che le «ipotesi programmatiche» sono «compito del prossimo governo» e che a Bruxelles sono disponibili ad attendere l’insediamento del nuovo esecutivo italiano.
Politica estera
May contro Mosca. Mai più “business as usual” con la Russia parola di Theresa May. La premier britannica ha dichiarato ieri in Parlamento che è «altamente probabile» che Mosca sia responsabile del tentato omicidio di Serghej Skripal nel centro di Salisbury, la cittadina inglese dove l’ex spia russa viveva in esilio. Aggiornando i deputati sull’andamento delle indagini, la May ha confermato che l’agente nervino utilizzato per l’attentato del 4 marzo era stato messo a punto in Unione Sovietica ed è in dotazione ai militari russi. È quindi del tutto legittimo pensare che la Russia sia responsabile, ha detto la premier. L’ambasciatore di Putin in Gran Bretagna, Aleksandr Yakovienko, è stato convocato al Foreign Office dal ministro degli Esteri Boris Johnson, che ha evitato di stringergli la mano. All’emissario del Cremlino è stato consegnato un ultimatum di 36 ore: in mancanza di spiegazioni soddisfacenti, «concluderemo che questa azione ammonta a un uso illegale della forza da parte dello Stato russo contro il Regno Unito».
Merkel capitolo 4. Eccolo, finalmente, il Merkel-quater. I leader dei partiti che lo guideranno, l’inossidabile Kanzlerin, il capo dell’ala bavarese dei conservatori Horst Seehofer e il reggente della Spd, Olaf Scholz, hanno firmato ieri le tavole della legge della legislatura a venire, il Contratto di coalizione. Domani Merkel sarà votata dal Bundestag e nello stesso pomeriggio il primo consiglio dei ministri metterà in cantiere le misure più urgenti da avviare. Merkel non si è nascosta dietro un dito: «Abbiamo molto lavoro davanti a noi», ha scandito davanti ai giornalisti, dicendosi tuttavia «ottimista» sul successo del suo quarto e ultimo governo. Entro pochi giorni dal giuramento del nuovo governo tedesco, previsto per domani, Angela Merkel e il suo ministro delle Finanze Olaf Scholz si recheranno a Parigi per discutere le proposte di riforma dell’Ue con il presidente francese Emmanuel Macron, in vista del Consiglio europeo del 22 marzo. Ma nel dare l’annuncio, la cancelliera ha spiegato che non sarà un incontro risolutivo, «in grado di programmare i prossimi 20 anni dell’eurozona». Piuttosto servirà a «fare chiarezza sulle prossime tappe».