Licenziato per aver usufruito di troppi giorni di malattia. Questo è il destino di un lavoratore (43 anni residente a Empoli) della Coin Service spa, azienda specializzata nel conteggio, confezionamento, deposito, giacenza e trasporto di monete con sede nella zona industriale del Terrafino. Invalido al 50%, con una patologia oncologica e con tre figli a carico, l’uomo ha sforato di quattro giorni i 180 di malattia previsti dal contratto collettivo. La sua colpa è stata quella di non aver richiesto ulteriori giorni di malattia non retribuiti (anch’essi previsti dal contratto collettivo fino ad un massimo di 120). «Sono quattro anni che lavoro per quest’azienda – spiega lui stesso, Massimiliano Ferrarolo – e mai ho avuto un reclamo, mai ho fatto un giorno di assenza, mai un ritardo. Quest’anno, purtroppo, mi è stato diagnosticato un tumore, da cui sono riuscito ad uscire, ma stando a casa per più di quattro mesi. Poi è arrivata una miocardite, che mi ha nuovamente impedito di lavorare. In questo periodo sono stato male e l’ultima cosa a cui ho pensato è stata quella di comunicare all’azienda il prolungamento in aspettativa della malattia. Per questo, visto il mio grave stato di salute, sarebbe bastata una loro comunicazione prima che scadessero i 180 giorni e non sarebbe successo niente. Avrei preso qualche giorno non retribuito e poi sarei rientrato. Anche perché io adesso ho un certificato del mio medico che dichiara che sono in grado di tornare a lavoro».
Questo però non è avvenuto. L’azienda, scaduti i sei mesi previsti da contratto, ha comunicato al lavoratore il licenziamento. Tuttavia, successivamente ha fornito la propria disponibilità a riassumerlo, scatenendo però le ire anche della Cgil. «La riassunzione – spiega Massimiliano Fabozzi della Filcams Cgil – è vincolata ad una clausola che prevede 20 giorni di prova, nei quali il dipendente non potrà ammalarsi. Per un invalido, malato oncologico, mi sembra una clausola non da poco».«Pertanto – aggiunge – sensibili alla solitudine e alla disperazione dei lavoratori sempre più spesso utilizzati come merce e ritenendo inaccettabile tale proposta, come sindacato siamo pronti a mobilitarci affinchè sia riaffermata la giustizia sociale in un territorio ad alto capitale sociale e di relazioni industriali».Una disperazione che colpisce in pieno Massimiliano Ferrarolo e la sua famiglia. «Ho tre figli a carico e una moglie precaria, viviamo in affitto e rischiamo di finire in mezzo alla strada – dice – sono disposto a tutto, anche ad incatenarmi di fronte all’azienda. In questo momento per loro sono solo un numerino che quest’anno ha prodotto meno e quindi viene messo fuori. E questo non lo accetto».
« Con la riassunzione in prova e la clausola che è stata inserita – aggiunge – potrei essere nuovamente licenziato, e questa volta senza altra possibilità di appello, perché magari un giorno non posso lavorare per fare delle cure oppure perché l’azienda decide che la prova non è andata bene. Il diritto alla salute è sancito dalla Costituzione e penso che vada oltre tutte le valutazioni procedurali».
L’azienda Coin Service spa ha fornito la sua versione dei fatti «denunciando la totale falsità delle notizie sui rapporti intercorsi con il lavoratore». «Non è vero che Coin Service – si spiega – ha comunicato la disponibilità alla riassunzione con l’inserimento di una clausola che prevede 20 giorni di prova nei quali il dipendente non potrà ammalarsi». «Non è vero – continua l’azienda – che il lavoratore sarebbe stato convocato direttamente dall’ad per ricevere la nuova proposta e il periodo di prova di 20 giorni sarebbe servito a valutare le piene potenzialità del dipendente stesso».E conclude: «I fatti e le circostanze attribuite alla Coin Service e alla persona dell’amministratore delegato non provengono dalla Coin Service e tanto meno dall’amministratore delegato».
Sulla vicenda è intervenuto anche il deputato toscano e responsabile sanità Pd, Federico Gelli. «Presenterò un’interrogazione parlamentare al ministero della Salute per capire quali provvedimenti è possibile attuare per evitare il ripetersi di questi episodi».
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