“Siamo partiti in 120…”. Comincia così il racconto dei tre sopravvissuti all’ultimo naufragio tra la Libia e la Sicilia. Fra i 117 morti c’erano donne e bambini. Anche un neonato di 2 mesi. Dopo 11 ore il gommone ha cominciato ad affondare. A raccogliere le testimonianze, sono i volontari dell’Oem a Lampedusa, dove sono stati trasferiti i migranti. Sono tutti centrafricani, sotto shock e in ipotermia per le lunghe ore trascorse in mare.

Ieri alle 14, un velivolo dell’Aeronautica italiana di base Sigonella, scorge una ventina di sopravvissuti, sgancia due zattere gonfiabili e lancia l’Sos. siamo in zona libica, a 50 chilometri costa. La nostra Guardia Costiera allerta Tripoli che assume il controllo e ordine l’intervento di un Mercantile liberiano che si trova, però, a sette ore di navigazione. Arriva solo alle 21 quando il soccorso è già stato effettuato dalla Marina italiana, che si trovava in zona per l’operazione Mare sicuro.

Invia un elicottero che riesce a salvare solo tre dei naufraghi. altri tre corpi galleggiano senza vita. Secondo un’indiscrezione, un’imbarcazione libica sarebbe partita da Tripoli. Ma si sarebbe subito guastata tornando indietro. Nella capitale libica ci sono mezzi vecchi e inefficienti nonostante il assistenza di una nave della Marina italiana nel porto della città per la manutenzione e la formazione.

Soccorsi difficili, le navi dell’Ong sono state allontanate dal Mediterraneo centrale. Resta solo la Sea Watch che in mattinata ha recuperato un gommone con 47 persone.

A Lampedusa in due giorni sono giunti due gommoni con 80 migranti.

“Siamo molto allarmati per i naufragi dinanzi a Italia e Spagna – dice Barbara Molinario, dell’ONU per i rifugiati – chiediamo vie legali di accesso all’Europa”.

“Il naufragio di queste ore è la dimostrazione che se riapri i porti, che se permetti che tutti vaghino nel mar Mediterraneo imponendo le loro leggi alla faccia dei leggi dei singoli Paesi, ritornano i morti. Quindi no, no, no, cuori aperti per chi scappa davvero dalla guerra ma porti chiusi, per Ong, trafficanti e tutti gli altri”. Lo dice il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, durante una diretta Facebook. 

 La ong Sea-Watch che oggi ha soccorso altri 47 migranti in difficolta’ su un gommone nelle acque internazionali, a nord di Zuwarah, in Libia chiede “con forza” una “soluzione rapida” secondo il diritto internazionale: “Non deve ripetersi il fallimento morale di negare alle persone i loro diritti fondamentali tenendoli in ostaggio in mare per 19 giorni”. Il riferimento e’ all’ultimo salvataggio effettuato dalla nave battente bandiera olandese, il 22 dicembre scorso, di 32 persone che rimasero a bordo 19 giorni senza il permesso di poter sbarcare. “L’Europa non solo lascia annegare donne, uomini e bambini, ma ostacola colpevolmente coloro che vogliono aiutare – e’ l’accusa della ong -. Questa politica disumana deve finire ora, non c’e’ piu’ tempo di aspettare che i leader europei portino avanti bracci di ferro politici sulle spalle di persone vulnerabili”. Dopo il blocco della spagnola Open Arms, alla quale e’ impedito di lasciare Barcellona, e con la nave di Sea-Eye alla ricerca di un porto per il cambio dell’equipaggio, la Sea-Watch 3 e’ attualmente l’unica nave civile di soccorso nel Mediterraneo, insieme all’aereo da ricognizione Moonbird. “Siamo molto felici di averli trovati in tempo – afferma Kim Heaton-Heather, capo missione di Sea-Watch, riferendosi ai naufraghi che la nave del’iong e’ riuscita a recuperare – Con un’Europea che non intende salvare e collaborare, rimangono le ormai pochissime navi civili di soccorso che fanno del loro meglio per soccorrere vite umane e difendere i diritti umani in mare”.