Ci sono cose che nessuno ha mai letto nei libri di scuola che raccontano il Risorgimento. Per questo abbiamo deciso di pubblicare documenti interessanti che dimostrano come quella fase della storia è stata tutt’altra che indolore per il regno. Ecco gli atti parlamentari del 18 ottobre 1861 quando Garibaldi, alla Camera, accusa il Piemonte di aver voluto distruggere l’esercito meridionale e di aver voluto una guerra fratricida.
[Urbano Rattazzi] : — La parola è al deputato Garibaldi. {Movimento generale di attenzione)
Garibaldi: — Mi permetterò prima di tutto di fare una breve osservazione al discorso dell’onorevole Ricasoli, e di ringraziarlo per avere messo in campo una questione per me vitale, trattandosi di difendere i miei compagni d’arme: io ne a ringrazio di cuore. Affermerò con lui che l’Italia è fatta; ne ho la coscienza, perché ho fede nel nostro forte esercito e A’ più conto sull’entusiasmo e sulla generosa volontà di una nazione che già tante ha dato prove di valore, ancor senza esse esercito disciplinato e regolare. Sì, ripeto col deputato Ricasoli l’Italia è fatta; ad onta degli ostacoli che intrighi individuali vogliono frapporvi, l’Italia è fatta. Debbo dire ancora una parola relativa al discorso dell’onorevole Ricasoli, ed è sul « dualismo ». Sebbene non si sia espresso, mi permetta la camera di dirlo francamente, io credo che colui che è designato di capitanare una delle parti del dualismo, sono io. (Movimento) E giacché disgraziatamente sono stato portato ad una questione personale, dirò ancora che io sono compiutamente convinto, nel più profondo dell’animo mio che io non ho mai dato motivo a questo dualismo. Mi sono state fatte proposte di riconciliazione, è vero; però queste proposte di riconciliazione sono state fatte con parole; ma l’Italia sa che io sono uomo di fatti, ed i fatti sono sempre stati diametralmente opposti alla parola di riconciliazione. Io dico adunque: tutte le volte che quel dualismo ha potuto nuocere alla gran causa del mio paese, io ho piegato, e piegherò sempre. (Applausi nella camera e dalle tribune) Però, come un uomo qualunque, lascio alla coscienza di questi rappresentanti dell’Italia il dire se io posso porgere la mano a chi mi ha fatto straniero in Italia. (Rumorosi applausi della galleria)
Presidente: — Avverto le tribune che è vietato qualsiasi segno d’approvazione e di disapprovazione, e se non si mantiene l’ordine, sarò costretto di farle sgombrare. (Bravo! Bene!)
Garibaldi: — Ciò dico quanto al dualismo. In conse¬guenza di questo però non sono d’accordo coll’onorevole Rica¬soli che l’Italia sia dimezzata. L’Italia non è dimezzata, è in¬tera; perché Garibaldi e i suoi amici saranno sempre con coloro che propugnano la causa d’Italia e ne combattono i nemici in qualunque circostanza. (Bravo! Bene!) Risponderò ora alcune parole al signor ministro della guerra. Egli mi obbligò, e ne sono addolorato, a scendere nel camp0 della individualità. Il ministro della guerra disse, e la camera avrà ciò osservato, che per patriottismo andò nell’Italia centrale a sedare l’anarchia.
Fanti [ministro per la guerra]: — Non ho detto tal cosa.
Presidente: — Non mi pare che abbia detto questo.
Voci: — No! No! No!
Altre voci: — Sì! Sì!
Garibaldi: — Questo è un fatto; io non rispondo che alle parole del ministro della guerra.
Presidente: — Perdoni l’onorevole Garibaldi, non ha ben udito …
Garibaldi: — Me ne appello a quelli che reggevano il governo, se v’era dell’anarchia nell’Italia centrale.
Presidente: — Non sono state dette precisamente queste parole dal signor ministro. Del resto il suo discorso è scritto e si può verificare. Ha detto, credo, che si temeva l’anarchia.
Garibaldi: — Non c’era nessunissimo pericolo di anarchia. Io chiedo permesso alla camera di annunciarle che veramente con dolore io sono sceso a personalità, ma doveva rispondere a qualche cosa che attaccava il mio decoro, la mia dignità di uomo, la mia dignità di comandante delle forze dell’Italia centrale, che si trovavano in quell’epoca a Modena. Adesso, se mi permettono, io dirò alcune parole sul principale oggetto che mi portò oggi alla presenza della camera, che è l’esercito meridionale. Dovendo parlare dell’armata meridionale, io dovrei anzi tutto narrare dei fatti ben gloriosi; i prodigi da essa operati furono offuscati solamente quando la fredda e nemica mano di questo ministero faceva sentire i suoi effetti malefici. (Rumori e agitazione) Quando per l’amore della concordia, l’orrore di una guerra fratricida, provocata da questo stesso ministero … (Vivissimi richiami dal banco dei ministri — Violenta interruzione nella camera)
Molte voci a destra e al centro: — All’ordine! All’ordine!
Presidente: — Prego l’onorevole generale Garibaldi… [1 rumori coprono la voce)
Di Cavour C. [presidente del Consiglio]: — (Con impeto) Non è permesso d’insultarci a questo modo! Noi protestiamo! Noi non abbiamo mai avuto queste intenzioni. (Applausi dai banchi dei deputati e dalle tribune) Signor presi¬dente, faccia rispettare il governo ed i rappresentanti della na-zione! Si chiami all’ordine! (Interruzioni e rumori)
Presidente: — Domando silenzio. Al presidente solo spetta il mantenere l’ordine e regolare la discussione. Nessuno disturbi con richiami!
Crispi: — Domando la parola per l’ordine della discussione.
Garibaldi: — Credeva di aver ottenuto, in trent’anni di servizi resi alla mia patria, il diritto di dire la verità davanti ai rappresentanti del popolo.
Presidente: — Prego l’onorevole generale Garibaldi di esprimere la sua opinione in termini da non offendere alcun membro di questa camera e le persone dei ministri.
Di Cavour C. [presidente del Consiglio]: — Ha detto che abbiamo provocato una guerra fratricida! Questo è ben altro che l’espressione di un’opinione! {Interruzioni e voci di¬verse da tutti i banchi)
Garibaldi: — Sì, una guerra fratricida! (Tumulto nella camera e nelle tribune)
Molte voci: — All’ordine! All’ordine! È un insulto repli¬cato! È un insulto alla nazione! È una provocazione scritta! Voci a sinistra: — No! No! Si lasci libertà della parola! (Molti deputati abbandonano i loro stalli — Rumori da tutte le parti della camera — II presidente si copre il capo — Gran numero di deputati è sceso nell’emiciclo, dove si disputa vivamente)
(La seduta rimane sospesa per un quarto d’ora — Cessata la più dolorosa agitazione, la seduta è ripresa alle ore 4 in pro¬fondo silenzio)