Non accadeva dai tempi di Tremonti che, per far quadrare i conti, si attingeva a piene mani nei fondi destinati al Mezzogiorno. E, invece, paradossalmente, è proprio il governo del cambiamento a fare la stessa strada dell’esecutivo a trazione leghista guidato da Forza Italia. Nella manovra, infatti, è prevista una riprogrammazione (termine tecnico per non dire “congelamento”) per 800 dei fondi per lo sviluppo e la coesione che, guarda caso, per l’80% è destinato proprio al Sud. E di 850 milioni per il cofinanziamento nazionale destinato ai programmi finanziati con risorse comunitarie. Considerando anche i 150 milioni di tagli per il credito di imposta destinato ai neoassunti al Sud, il conto della manovra è di quasi due miliardi. Soldi che dovrebbero finanziare investimenti e creare posti di lavoro veri e non assistenziali.
Il tutto, mentre si avvicina la scadenza di fine anno per rendicontare a Bruxelles la spesa effettiva dei Fondi Strutturali e di Investimento Europei, che vede il nostro Paese tra i “fanalini di coda”, con una spesa certificata all’11,6% del totale (5,9 miliardi di euro su un totale di 50,8 miliardi”, fa notare dichiara Ivana Veronese, segretaria confederale Uil in una nota. “Con queste rimodulazioni, per il prossimo anno, da una parte si rallentera’ ulteriormente la spesa dei fondi comunitari, con il rischio di perdere risorse importanti per lo sviluppo, e, dall’altro, si ridurranno gli investimenti infrastrutturali, soprattutto nel Mezzogiorno. Considerando che, sempre nella manovra si prevede un taglio di 150 milioni di euro per il credito di imposta investimenti nel Sud, emerge con tutta chiarezza come lo sviluppo del Mezzogiorno, nonostante i proclami del Governo, sia il grande assente nella manovra economica che il Parlamento si appresta ad approvare”. “Chiediamo al Parlamento – conclude Veronese – di modificare queste norme e, nel contempo, di impegnare istituzioni nazionali e regionali insieme alle parti sociali alla realizzazione di un piano per l’accelerazione della spesa della risorse nazionali ed europee su interventi qualificati in grado di affrontare realmente l’emergenza occupazionale, soprattutto giovanile”.