Giovanna Boda, Capo del dipartimento Risorse umane e finanziarie del Ministero dell’Istruzione, due giorni fa ha tentato il suicidio. Una prima operazione è riuscita ma resta in terapia intensiva.
Ho conosciuto Giovanna intorno al 1996 quando era ancora una studentessa e frequentava i “Nutella party” organizzati dai rappresentanti eletti degli studenti al tempo del Ministro Berlinguer; facevo parte di un gruppo di lavoro che si occupava di dispersione scolastica e una volta ci hanno presentati. L’ho incontrata dopo molti anni quando era alla Direzione dello studente – e si occupa anche di dispersione scolastica – perché ho presentato dei progetti. Ogni volta che la incontrava mi ricordava che dovevamo riprendere il progetto “Chance” inopinatamente interrotto nel 2009. L’occasione di collaborare è venuta purtroppo solo durante la pandemia, lo scorso anno, quando abbiamo presentato il progetto “I Coronauti”.
Ho apprezzato di Giovanna la tenace volontà di innovare e la capacità di assumersi delle responsabilità senza farsi paralizzare dall’attenzione ossessiva alle possibili critiche e ai possibili attacchi. Recentemente era stata nominata reggente dell’Ufficio Regionale della Calabria in sostituzione della dirigente rimossa per corruzione.
Quando una persona importante cade in disgrazia può capitare che molti facciano la corsa a dissociarsi, a vedere il male anche nelle azioni corrette di cui sono a conoscenza, o addirittura ad associarsi a una campagna di linciaggio. Non solo non sento questo bisogno ma ho profondi dubbi su questa accusa per la personalità del preteso corruttore, per qualcosa che non quadra nelle cifre fornite e molti altri dettagli; ma non voglio addentrarmi in questo terreno, voglio piuttosto testimoniare dell’assoluta correttezza e passione che Giovanna Boda ha usato nelle relazioni professionali con chi scrive e che non possono essere cancellate da una accusa che ritengo abnorme, sospetta e contradittoria.
Mi sento in dovere di dare questa testimonianza per solidarietà e sostegno a lei e ai tanti suoi collaboratori che si sono prodigati a realizzare progetti importanti, ai tanti dirigenti che da questa vicenda vengono intimoriti e intimiditi da poteri oscuri, perché è evidente che – al di là delle dubbie accuse – Giovanna viene attaccata per le cose buone che ha fatto, perché ha promosso in ogni circostanza il cambiamento e la responsabilità civile. Penso a come si sentono tutti quelli che si sono impegnati e si impegnano nella stessa direzione, penso a tutti quelli che hanno fatto dell’immobilismo una religione e che oggi si illudono di ricevere una conferma a questa loro posizione.
Il gesto di Giovanna mi addolora profondamente e al tempo stesso penso al suo significato. Il tentato suicidio per il luogo e il modo in cui si è realizzato è un gesto disperato ma può essere anche un modo per interrompere una falsificazione della propria vita.
Io spero proprio che potremo riascoltare la voce gentile di Giovanna e che, finché non si rimette, quanti la conoscono riescano a dissipare le ombre gettate sulla sua vita.
Esprimo quindi la mia incondizionata solidarietà ai familiari di Giovanna e a tutti i suoi collaboratori che in questo momento immagino profondamente addolorati e prostrati dalla gravità delle accuse e dal suo gesto.
Cesare Moreno