Per poter andare in pensione, è necessario averne maturato i requisiti. Prima della riforma Monti del 2011, i requisiti potevano essere legati esclusivamente all’età anagrafica (pensione di vecchiaia), oppure ad una combinazione di età anagrafica ed anzianità contributiva (pensione di anzianità).
La riforma Monti ha anche abolito diversi meccanismi troppo complessi e poco trasparenti, introdotti con le varie riforme nel corso degli anni. Ad esempio, le “finestre d’uscita” (legge n. 247 del 2007) e le “finestre mobili” (legge n. 122 del 2010). Tali regole valgono solo per chi ha maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2011. Per tutti gli altri, l’attesa si è allungata, anche se – dal punto di vista della retribuzione – non sono stati toccati i diritti acquisiti.
Requisiti di vecchiaia
L’età minima per andare in pensione, che per decenni è stata di 60 anni per le donne e di 65 per gli uomini, è ora diventata come indicato nella tabella. Vale solo per chi ha maturato 20 anni di contributi versati.
Donne | Uomini | |
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Lavoro dipendente pubblico | 66 anni e 7 mesi | 66 anni e 7 mesi |
Lavoro dipendente privato | 65 anni e 7 mesi | 66 anni e 7 mesi |
Lavoro autonomo | 66 anni e 1 mese | 66 anni e 7 mesi |
Tale età nel 2018 diventerà gradualmente per tutti 66 anni e 7 mesi, senza distinzioni di sesso o di ambito lavorativo. Poi ci sarà un adeguamento nel 2019 e ulteriori aggiornmenti ogni due anni, in base alle variazioni della speranza di vita.
I professionisti iscritti agli Ordini, e di conseguenza alle Casse previdenziali autonome, seguono le regole della propria Cassa. Si veda l’apposita pagina.
Pensione anticipata
Chi ha cominciato presto a lavorare, può andare in pensione prima delle età sopra indicate, alle seguenti condizioni:
- le donne, se hanno maturato 41 anni e 10 mesi di contributi versati;
- gli uomini, se hanno maturato 42 anni e 10 mesi di contributi versati.
Si attende (marzo 2017) invece il decreto attuativo per la cosiddettaOpzione Donna, il provvedimento che consente alle donne che maturano irequisiti necessari, ovvero 57 anni d’età per le lavoratrici dipendenti e 58 per le lavoratrici autonome insieme a 35 di contribuzione.
Pensionamento flessibile
È possibile ritirarsi da lavoro anche dopo aver maturato i requisiti di vecchiaia, fino all’età di 70 anni. In tal caso, l’importo della pensione aumenta, essendo applicato il “coefficiente di trasformazione” che tiene conto dell’età.
Part time incentivato a fini pensionistici
Con il part-time incentivato a fini pensionistici tutti i lavoratori che entro il 31 dicembre 2018 raggiungeranno almeno 20 anni di contributi e i requisiti necessari per ricevere la pensione di vecchiaia, ovvero 66 anni e 7 mesi, possono richiedere una riduzione dell’orario lavorativo pari al 50 per cento.
A partire del regime con orario part-time, i lavoratori ricevono in busta paga la contribuzione netta che, con un contratto a tempo pieno, il datore di lavoro avrebbe versato all’Inps; in pratica, il reddito si stabilizza intorno al 65-70 per cento mentre la contribuzione figurativa integrale viene versata dallo Stato.
Adeguamento alla speranza di vita
A partire dal 2013, i requisiti anagrafici vengono adeguati in base all’eventuale aumento della speranza di vita, così come viene rilevato dall’Istat. Tale adeguamento avviene inizialmente ogni tre anni e poi, dopo il 2019, ogni due anni.
Eccezioni
Possono andare in pensione con termini differenti:
- i lavoratori del settore privato che, essendo in possesso di 35 anni di contribuzione e con le vecchie regole avrebbero maturato i requisiti di anzianità con il sistema delle “quote” entro entro il 31 dicembre 2012 (tipicamente i nati nel 1950-52);
- le lavoratrici del settore privato che hanno maturato 60 anni d’età e 20 anni di contributi entro il 31 dicembre 2012.