di SIMONA D’ALBORA
Sergio Mattarella voleva fare altro, lui così timido e schivo, voleva fare il professore o il giurista, pur interessandosi alla politica. Ma la politica attiva era destinata al padre Bernardo e al fratello maggiore Piersanti, nel Partito Popolare di Don Sturzo e poi nella Democrazia Cristiana. Ma accade qualcosa quel 6 gennaio del 1980, che cambierà il destino di Sergio, fino a portarlo alla più alta carica dello Stato. E come al solito il destino si annuncia con una telefonata: “Zio, vieni hanno sparato a papà”. Sergio Mattarella accorre appena in tempo per vedere il fratello spirare nelle sue braccia nella folle corsa verso l’ospedale. All’epoca Piersanti era presidente della Regione Sicilia, in una giunta di centrosinistra, con appoggio esterno del Pci e il suo impegno contro la Mafia e la corruzione aveva dato fastidio a Cosa Nostra. Nel 1983 rompe gli indugi e si candida alla Camera nel collegio della Sicilia Occidentale. Sono proprio gli anni in cui a Palermo e in Sicilia si avverte la voglia di cambiamento, sarà lo stesso De Mita a chiedere a Mattarella di rinnovare la Dc siciliana. Ore contate per Vito Ciancimino e Salvo Lima, a Mattarella si deve nel 1985 l’ascesa di Leoluca Orlando che in passato era stato tra i collaboratori di Piersanti. Fu ministro dei Rapporti con il Parlamento in due Governi, ma nel 1989 da ministro della Pubblica Istruzione, si dimise per protestare contro la fiducia posta dal Governo alla Legge Mammì sul riassetto del sistema radiotelevisivo.
Fu relatore della Legge sulla riforma della legge elettorale che a seguito del referendum del 18 aprile 1993 introduce nel sistema una preponderante componente maggioritaria. La legge Mattarella, chiamata Mattarellum da Luigi Sartori, il politologo, fu utilizzata nelle elezioni del 1994, 1996 e 2001.
5 ottobre 2011 il Parlamento lo ha eletto giudice della Corte costituzionale alla quarta votazione con 572 voti, uno più del quorum richiesto
Nonostante una legge che porta il suo nome, anche in politica rimane un uomo schivo.
Le uniche polemiche che si ricordano sono legate a Berlusconi: dalle dimissioni da ministro del 1989, poi la definizione di “incubo irrazionale” l’ipotesi dell’ingresso di Forza Italia nel Ppe e poi le parole contro Rocco Buttiglione che cercava di trascinare il Ppi verso Forza Italia, lo paragonò a un golpista sudamericano: “El General Roquito Buttillone”. E infine la difesa del patrimonio di De Gasperi, quando Berlusconi cercò di appropriarsene: “De Gasperi appartiene a tutti coloro che hanno a cuore la democrazia. Questo non vuol dire che chiunque possa chiamarsi suo seguace o erede…”.
Insomma pugno di ferro in guanti di velluto, Mattarella è considerato un uomo mite, ma tenace e in grado di imporsi.