II Movimento 5 Stelle ha vinto le elezioni forte di un programma sul quale, in linea di principio, pochi possono eccepire: trasparenza ovunque e soprattutto nei rapporti fra i poteri pubblici e gli interessi particolari; pari opportunità per tutti, senza privilegiare i grandi poteri finanziari a scapito delle piccole imprese; un’onestà che va anche oltre la semplice applicazione del codice penale e del codice civile. Fin qui i valori. Poi però c’è l’Atac, la disastrata azienda di trasporto pubblico romano il cui consiglio d’amministrazione ha dato via libera alla richiesta di concordato preventivo. Conoscete il concordato: un’azienda sommersa di debiti si accorda con i suoi creditori, su un piano di parità fra questi ultimi, per rimborsare a ciascuno solo ma parte (frazionale) di quanto dovuto. E un default pilotato, retto dal principio di pari trattamento fra tutti i creditori. Così in teoria. Poi però uno legge le motivazioni con cui il giudice Antonino La Malfa ha chiesto a Atac di riscrivere la richiesta di concordato: il giudice invita l’azienda a una «riflessione su una possibile illiceità» perché Atac avrebbe rimborsato per intero un debito di varie decine di milioni a Bnl proprio il giorno prima di varare il concordato che, da quel momento, impone di trattare (male) tutti i creditori allo stesso modo. Cosa sapeva il sindaco pentastellato di Roma Virginia Raggi, la cui giunta controlla Atac? E come si spiega l’allontanamento di Bruno Rota, il direttore che voleva il concordato prima che Bnl fosse liquidata prima e meglio degli altri creditori? Domande che un brillante post sul sito di M5S non basterebbe a mandar via.
(Fonte: Corriere della Sera)