di B. S. Aliberti Borromeo
Notevole successo sta ottenendo il romanzo di G. Scudieri “io e il rock”, più volte presentato al pubblico, con la prefazione di E Bennato. Più che un romanzo autobiografico, si tratta di un viaggio a ritroso nel tempo, quando negli anni settanta, ottanta, i giovani fan impazzivano al suono di “Start me Up” “ The dark side of the moon” o Starway to heaven, e, per ascoltare i loro idoli si faceva la cresta sulla paghetta settimanale per acquistare i 33 giri in vinile o per vedere un concerto si andava a Roma o Milano in autostop.
Dai contenuti vivaci, il romanzo pone in luce il conflitto generazionale dell’epoca proiettando nella realtà la stessa problematica: l’autore sapientemente critica la società attuale fatta di falsi miti, priva di modelli, il lassismo e l’apatia di chi non ha motivazioni e scopi nella vita.
Da notare la profonda cultura dello scrittore nel trattare di cinema, politica e letteratura di quegli anni da lui vissuti intensamente ed emotivamente: non a caso la figura di Francesco Normanno prova, raggiunta la maturità, quel senso di frustrazione, delusione nel vedere i suoi sogni svaniti, quei sogni maturati in età giovanile che lo portano ora a mollare tutto, famiglia, lavoro per intraprendere un viaggio a ritroso nel tempo dove solo il linguaggio universale della musica può rasserenare, far sognare e rivivere.
Adeguandosi a questa realtà, l’autore rifiuta le strutture comunicative dando ampio spazio alle nevrosi,al malcontento del protagonista, a quelle voci misteriose insite nell’anima, a quelle pulsioni represse che solo la musica rock e il suo linguaggio innovativo, ribelle, che esula dagli schemi tradizionali, può manifestare.
Scudieri percorre, nel suo romanzo, una direzione, dove la meditazione esistenziale e sociale si esprime nelle forme di una pacata ma non acquiescente maturità, un grido evergreen contro il male di vivere dell’uomo e contro le ingiustizie sociali.