E’ solo questione di fiducia. Appena un mese fa sembrava che imprese e consumatori avessero rialzato la testa, disegnando una pennellata di rosa in uno scenario macroeconomico ancora dominato dal grigio. Tanto che i numeri snocciolati dall’Istat, su consumi e risparmio, erano i migliori dal 2007, l’anno prima della grande crisi. Trenta giorni dopo, invece, la situazione si è completamente capovolta, dimostrando l’estrema fragilità del nostro sistema. La mini-ripresa dei prezzi registrata ad ottobre è stata, infatti, cancellata di colpo dai dati di novembre. Undici grandi città sono ormai in piena deflazione (cioè, i prezzi registrano variazioni negative). Per il resto, sempre rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, la crescita è di appena lo 0,1%. Se poi guardiano alla variazione mese su mese, i prezzi hanno registrato addirittura un calo dello 0,4%. Insomma, il sistema economico gira a ritmi ridottissimi e l’andamento dei consumi potrebbe compromettere anche le aspettative legate alle prossime festività di fine anno, smentendo sul campo le previsioni ottimistiche circolate appena qualche settimana fa e gettando un’ombra sulle prospettive di crescita del prossimo anno. Se a tutto questo aggiungiamo quello che si sta verificando sul fronte del credito, con il ciclone che ha investito i risparmiatori delle quattro banche salvate ad un passo dal crack, il quadro non può che risultare ancora più negativo.
La crisi di fiducia del risparmio
Insomma, siamo un Paese in piena crisi di fiducia. E’ questa la materia prima che manca all’Italia per ripartire. Servono a poco gli sforzi portati avanti dalla Bce per iniettare liquidità al sistema economico: è inutile portare acqua se poi il cavallo non beve. Così come hanno poco effetto le variabili macroeconomiche internazionali registrate negli ultimi mesi, con il petrolio ai livelli minimi e con la piccola svalutazione dell’euro. Condizioni necessarie, certo, ma non sufficienti per convincere gli italiani a spingere sul pedale dei consumi o per sollecitare le banche ad essere un po’ più generose sul fronte del credito e degli investimenti produttivi. Il corto circuito sul risparmio, con l’onda lunga della crisi che ha investito alcuni piccoli istituti di credito, rischiano di alimentare nuove tensioni e, soprattutto, di spegnere sul nascere quei piccoli bagliori di ripresa che si sono intravisti negli ultimi mesi.
I dati dell’inflazione a novembre, in sostanza, suonano come un forte campanello di allarme. E ci fanno capire soprattutto una cosa: per invertire la rotta occorre al Paese una forte iniezione di fiducia. Da questo punto di vista, risparmio e consumi rappresentano le due facce della stessa medaglia.
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