Un confronto importante all’Istituto per gli studi filosofici sul “Rischio infiltrazioni mafiose nel Pnrr” tra Luigi Riello, procuratore generale Corte d’appello di Napoli; Maria Antonietta Troncone, Procuratore Trib. Napoli Nord; Nicola Morra, presidente della Commissione bicamerale Antimafia; Maria Flavia Timbro, responsabile nazionale Legalità e lotta alle mafie “Art.1”, Paolo Lattanzio, componente Commissione bicamerale Antimafia; Federico Conte, componente Commissione bicamerale Antimafia; Alfredo Galasso, vicesegretario nazionale Ass. Antimafia “A.Caponnetto” e Simona Ricotti, segretario Nazionale Ass. Antimafia “A. Caponnetto” Simona Ricotti.
“Costruire un’antimafia sociale è il vero antidoto contro l’egemonia della mafia nel solco tracciato dalla visione straordinaria di Falcone e Borsellino per impedire che la piovra si infiltri nell’economia del Paese oggi sostenuta dal Pnrr”. Ha detto De Lorenzo prima di passare la parola al procuratore generale della Corte d’appello.
“Il pericolo di infiltrazione delle mafie in questo momento così difficile della vita nazionale che dovrebbe essere quello della ripresa e della resilienza- ha detto Riello – è uno snodo che non possiamo assolutamente affrontare impreparati. Più che un rischio di infiltrazioni mafiose nel Pnrr Io dico che è una certezza perché è vero che dove ci sono i soldi, ci sono le mafie, la camorra, la ndrangheta. Spesso, senza saperlo, stringiamo la mano di qualche mafioso perché questo mafioso veste i panni del politico, dell’imprenditore, della persona che è apparentemente rispettabile, ma nei fatti non è limpida. Oggi la mafia che non fa solo affari sporchi come il traffico di armi o di droga, ma anche affari leciti ed entra in tutti gli apparati vitali dell’economia al fianco degli altri imprenditori, si confonde. Quando si confondono guardia e ladri è la fine. Sul PNRR- ha aggiunto – ricordo che, in pandemia, nell’ ottobre 2020 avevamo già qualche dato mutuato. Dalle indagini fatte dai vari Procuratori della Repubblica avevamo già 101 fallimenti, 5471 attività commerciali chiuse, 3575 cessioni di aziende sospette, 500 richieste di finanziamento e più istanze presentate in Prefettura per il reato di usura. I mafiosi si presentano in politica, nell’imprenditoria, in magistratura nessuno può chiamarsi fuori da una profonda e forte autocritica per questo credo che debba finire il rinfacciarsi le colpe e lavorare sinergicamente alla vera antimafia sociale”.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha dentro di sé la forza per combattere le infiltrazioni mafiose, ne è certo Conte.
“Ce l’ha nei suoi componenti fondamentali – ha spiegato il deputato – la creazione di lavoro, innanzitutto, che è il più potente elemento di lotta alle mafie, che come i parassiti si nutrono del disagio economico e sociale delle persone; ma anche la rigenerazione urbana, che può sottrarre alcune periferie a un destino di degrado e marginalità. Rispetto al rischio di infiltrazioni in appalti e nel sistema delle imprese, che da alcune parti viene evidenziato, bisogna aumentare la vigilanza e prepararsi, nell’eventuale attivazione di poteri statali sostitutivi, fino alla nomina di strutture commissariali, rispetto a una Pubblica amministrazione dei territori che potrebbe essere inadeguata alla sfida della spesa efficiente e della realizzazione degli interventi, prima ancora che quella di un adeguato esercizio di rigoroso controllo. Il corretto esercizio dell’amministrazione, e quindi il ruolo della politica, rappresentando il miglior alleato della magistratura. Di sicuro – ha terminato – il Pnrr è una straordinaria occasione di riscatto, che va protetta dalle mafie, nel suo orizzonte di sviluppo e nella sua destinazione”.
Pnrr possibilità per il Paese e attrazione per le mafie.
“Sul PNR – ha affermato Troncone – c’è da chiedersi se rispetto a come sono strutturati gli interventi, agli obiettivi previsti, ai tempi di realizzazione, agli investimenti delle somme, alle necessarie forme derogatorie relative alle procedure, ci siano maggiori possibilità per la criminalità organizzata di inserirsi. Bisogna operare in modo da evitare l’inquinamento complessivo della vita economica da parte delle mafie. La politica deve chiedersi se l’obiettivo di spendere rapidamente le somme a disposizione possa avere effetto di vantaggio complessivo o pregiudizi”.
L’antimafia sociale non può prescindere dalla capacità di creare occupazione.
“Si parla di Antimafia sociale e penso di poter dire che quella che abbiamo imparato a conoscere dal ‘92 in poi è finita in pezzi di storia perché – ha evidenziato Lattanzio – oggi non può esistere una vera Antimafia sociale che non parli di diritti dei lavoratori e che non si occupi di nuove competenze per i giovani affinché questi abbiano diritto di accesso a di dire la propria all’interno del mondo dell’antimafia. Credo che la vera sfida sia questa”.
Sulla stessa scia la Timbro.
“La mafia – ha detto – è diventata competitiva al punto che spesso e volentieri si siede ai nostri tavoli senza che ce ne accorgiamo. Sembra silente, ma è più presente che mai soprattutto ora che un’ ingente somma di denaro che verrà immessa nel nostro Paese. È più presente che mai perché sono stati aperti importantissimi cantieri infrastrutturali e saranno avviati a breve. La lotta alla mafia deve darci una visione generale delle cose, non può essere compiuta guardando soltanto ad un settore e il fenomeno delle mafie non può essere trattato come un fenomeno emergenziale perché ormai è strutturale”.
Tra presente e passato, la relazione tra povertà e mafie è evidente.
“Pio La Torre e Terranova hanno detto una cosa giustissima: le mafie sono un fenomeno di classi dirigenti – ha ricordato Morra – Ho sentito dire che c’è un incremento della povertà, sì è vero, ed è lì che si trovano la manovalanza e i soldati. Ma i soldati senza generali fanno ben poco. Il problema è sgominare il comando generale. Siamo a Napoli si pensa alle stese, ai ragazzini, alla Sanità, a Scampia, al Parco Verde, ma di infiltrazioni ce ne sono ovunque lo dimostra lo scioglimento di diversi Comuni anche altrove. Credo che non si debba ragionare solo sugli scioglimenti avvenuti, ma su quelli non avvenuti. Io rispetto tutti, si è parlato della ricostruzione post terremoto del 1980, una ricostruzione che è stata gestita da certe forze politiche, da certi uomini politici e da qualcuno che è morto poche ora fa. Quando moriamo saliamo in cielo e ci aspettano Cherubini e Serafini e le schifezze fatte in terra? Ci sono responsabilità e quelle responsabilità sono proprie di chi anche a livello politico, giudiziario e delle forza dell’ordine ha concorso a dire a parole che si combattevano le mafie quando poi di fatto si assecondavano”.
Infine l’appello della Ricotti.
“E’ dalla politica sana, dalle Istituzioni sane e dal controllo della società civile che nascono gli anticorpi per prevenire il fenomeno mafioso – ha sostenuto – La nostra associazione ritiene come dovere civico, per noi, per i nostri figli e per le terre in cui viviamo tentare di arginare le mafie. Un impegno che deve riguardarci quotidianamente tutti”.