Ho presentato una interrogazione al Ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli, in riferimento al fatto che il suo dicastero ha intenzione di rivedere il piano per l’assegnazione dei fondi europei del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) di sicuro per il periodo transitorio (2021 e 2022) verso la nuova Pac.
Il Ministro avrebbe redatto una ipotesi di ripartizione che prevedrebbe l’introduzione nel 2021 di un 30% di questi nuovi criteri, definiti oggettivi e che comprendono ad esempio la produzione lorda vendibile, la superficie agricola utile, il numero di imprese, e il mantenimento del 70% dei parametri storici, e il ribaltamento delle percentuali nel 2022, con i criteri oggettivi a incidere per il 70% e i parametri storici per il restante 30%. Una soluzione che andrebbe a danneggiare Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Umbria, le sei regioni che storicamente ricevevano più fondi dalla PAC per colmare il proprio gap con le altre regioni più ricche.
Il regolamento UE 2020/2220 ha prorogato per il 2021 e 20211 non solo i programmi di sviluppo rurale ma anche l’attuale regime dei pagamenti del primo pilastro della PAC (pagamenti diretti, convergenza interna, convergenza interna, riserva nazionale, pagamenti accoppiati, etc.). L’Italia entro il 19 febbraio 2021 doveva comunicare l’intenzione di proseguire la convergenza interna dei titoli PAC verso un valore medio nazionale, questo non è stato fatto e scegliere oggi di ripartire le risorse dello sviluppo rurale in base a un nuovo criterio senza che vi sia stato un confronto sulle scelte da prendere sul primo pilastro della PAC rischia di creare disparità tra le regioni falsando gli accordi presi fino ad oggi sulla politica agricola nelle diverse regioni.
Ho presentato una interrogazione in Senato per chiedergli cosa intenda fare visto che, con l’attuale ripartizione della PAC, i soldi sono già troppo pochi e stravolgere i parametri attualmente in vigore e ritoccare la ripartizione dei fondi Feasr del Psr spostandoli dal Sud al Nord andrebbe a incidere profondamente sul prodotto interno lordi di regioni quali la Basilicata, la Calabria, la Campania, la Puglia, la Sicilia e l’Umbria, che da sole rappresentano il 60% delle aree italiane interessate dal Psr.
Gli ho chiesto, soprattutto, di verificare la correttezza di tutte le procedure seguite prima di intraprendere una strada che, come ha già dichiarato il Commissario europeo all’Agricoltura Janusz Wojciechowski, sembra impraticabile visto che le somme del Feasr sono destinate a colmare il divario tra le aree più ricche ed evolute e quelle più povere e marginali, cioè tra le sei regioni più povere che si oppongono alla nuova ripartizione e le altre quindici e che potrebbe, quindi, portare all’apertura una procedura d’infrazione per il mancato recepimento e rispetto di una direttiva europea e, quindi, anche al blocco dei fondi. Anche perché all’orizzonte ci sarebbe un altro problema: se Patuanelli decidesse di forzare l’applicazione della sua proposta di ripartizione del FEASR, dovrebbe chiarire come andrebbe a cofinanziare, in accordo con il MEF, i fondi europei per compensare lo spostamento di risorse dalle Regioni meno sviluppate alle altre. Modificare gli attuali criteri di riparto, infatti, non è una semplice operazione matematica. Bisogna pensare agli effetti che essa produrrebbe soprattutto in relazione agli equilibri di equità raggiunti nel tempo.