“Ci siamo abbastanza dimenticati di quando i migranti eravamo noi, quella memoriali l’abbiamo cancellata. Eppure dal 1860 ad oggi più di 30 milioni di italiani sono emigrati. Dal 1946 al 1968 in Svizzera ne arrivano 2 milioni. Prima i lombardi, poi i veneti e i friulani, e dai primi Sessanta l’ondata dal Sud. A metà dei Sessanta vivono in Svizzera 500 mila italiani. Sono arrivati coi treni stracarichi, con le valigie legate con lo spago, parlano quasi solo dialetto e spesso sono analfabeti. Nel f‌ilm Pane e cioccolata con Nino Manfredi si vede un gruppo di clandestini che vive in un pollaio: è successo anche questo, nessuna esagerazione. Gli italiani sono venuti a fare i lavori pesanti,quelli che gli svizzeri non vogliono più fare. Lo stesso governo italiano, che nel 1948 ha siglato un accordo bilaterale con la Confederazione sul reclutamento di operai, li ha spinti verso il conf‌ine. Perché se ne andassero dall’Italia, che scoppiava di disoccupati.Alcide De Gasperi, nel 1949, invitò i meridionali a «partire verso le strade del mondo».

Sarebbe il caso di ricordare quegli anni della nostra emigrazione perché sono anche gli anni in cui la xenofobia costruisce il suo castello di cosiddetti “valori” e la sua politica, con accenti e parole d’ordine che oggi ci suonano familiari…”

Fonte: “Il Venerdì di Repubblica”