Matteo Renzi

Renzi: «Non voglio neanche sentire la parola crisi. Noi con il governo». Il fronte contrario alla crisi ha lanciato un messaggio ben preciso ai dirigenti del Partito democratico che ieri avevano sollevato la questione del voto in commissione Affari Costituzionali del Senato: un’eventuale crisi, senza la riforma della legge elettorale sollecitata dal capo dello Stato, non porterebbe alle elezioni anticipate, bensì a un governo tecnico. E in favore della stabilità ieri è sceso in campo anche Paolo Gentiloni. Il Quirinale ha respinto al mittente la richiesta di un incontro urgente con Sergio Mattarella. A indisporre e indurre al rifiuto è stato l’oggetto “vero” della richiesta renziana di salire dal capo dello Stato: «una valutazione sulla tenuta della coalizione di governo…». Parole ripetute nei contatti con il Colle. Al capo dello Stato devono essere suonate spropositate e pericolose per le sorti dell’esecutivo, una miccia accesa. Salvatore Torrisi quando poco prima delle 15 esce dalla Commissione Affari costituzionali facendosi largo nel corridoio al secondo piano del Senato tra telecamere e microfoni. «Sono profondamente offeso, molto amareggiato per i rapporti personali». Roberto Calderoli, leghista, vice presidente del Senato, sostenitore della legge elettorale Mattarellum, ammette di essere stato il regista del blitz sul presidente della commissione Affari costituzionali.