di Massimo Calise
Le anticipazioni del Rapporto Svimez hanno mostrato come il Pil 2015 del sud Italia (+1%) sia cresciuto più di quello del resto del paese (+0,7%).
Credo che molti abbiano troppo enfatizzato un miglioramento benvenuto ma esiguo e paiono fuori luogo i commenti che esaltano il sud che “sorpassa” il centro/nord.
Infatti, nel 2015, il Pil italiano è cresciuto, dopo tre anni di calo, dello 0,8%; incremento inferiore alla crescita dell’area Euro (1,7%) e dell’intera Unione Europea (2%).
Nel suo intervento il Direttore dello Svimez, Riccardo Padovani, dice: “Nel complesso del periodo 1996-2015, il gap cumulato del Paese nella crescita del prodotto è pari a 29 punti percentuali con l’Unione europea (a 28 paesi), quasi 23 punti quello con l’Area dell’Euro: nel periodo l’economia italiana è cresciuta moderatamente, di circa il 10% in termini cumulati, un ritmo molto più lento di quello francese (36%) e di quello tedesco (30%), un quinto appena di quello spagnolo (51%). Il dato meridionale fa impressione: nel ventennio cresce di appena l’1,3 per cento, quasi 40 punti in meno dell’Ue a 28”.
In altre parole: un grave divario si sta cumulando con il resto d’Europa; in particolare colpisce il confronto impietoso con un altro paese mediterraneo: la Spagna.
Insomma se non ci limita ai dati di periodo e allarghiamo l’arco temporale, risalta che l’Italia arranca nello stare al passo con l’Europa, che pure non brilla nel contesto mondiale, e il sud stenta ad agganciare il resto del paese.
Allora è chiaro che è necessaria la ripresa, che il Rapporto sollecita, degli investimenti pubblici nel sud; è indispensabile che si ponga effettivamente il persistente divario nord-sud come fondamentale questione nazionale. Ma l’Italia ha il doppio compito di star dietro all’Europa che scappa e trainare il Mezzogiorno che stenta.
Perciò occorre sottolineare la necessità che i cittadini e, soprattutto, gli enti locali meridionali, assumano un ruolo attivo; non basta chiedere e non si può solo aspettare!
Bisogna, quantomeno, creare le condizioni che stimolino le iniziative locali e richiamino gli investimenti (nazionali ed esteri). Non ci sono ricette facili e numerosi sono i fronti su cui intervenire.
Occorre, certamente, sfruttare al massimo tutte le opportunità e tutti i finanziamenti evitando le interessate negligenze, i ritardi e gli sprechi del passato.
Notoriamente la criminalità organizzata e la corruzione allontanano gli investitori; la repressione, da sola, non le sconfigge. La riaffermazione della legalità è uno dei compiti più difficili, bisogna affermare con chiarezza che non esistono illegalità tollerabili: il fitto in nero, la raccomandazione, l’omessa ricevuta, … .
La fiducia fra i cittadini, dei cittadini verso le istituzioni (almeno verso quelle prossime, come i Comuni), il senso civico, l’elevata considerazione del bene comune sono le componenti immateriali, per questo ingiustamente sottovalutate, che contribuiscono a creare un “ambiente” favorevole allo sviluppo socio-economico.
Il compito è immane ma se ciascuno, secondo le diverse possibilità e responsabilità, non se ne mette un pezzetto sulle proprie spalle i nostri pronipoti parleranno ancora del divario nord-sud.