di LAURA BERCIOUX
A quarant’anni dalla scomparsa di Vittorio De Sica, era il 13 novembre del 1974, si celebra il grande regista in tutto il Paese con film e mostre. Vittorio De Sica seppe raccontare un’Italia che era appena uscita dalla guerra, divenne il padre del neorealismo e diede vita a un cinema che varcò i confini italiani vincendo 4 Premi Oscar. I suoi film sono la storia del cinema, veri e propri capolavori indimenticabili e patrimonio mondiale della cultura italiana. Con Raffaele Rivieccio, storico del cinema, critico e giornalista, un approfondimento dedicato al grande cineasta.
Rivieccio, De Sica e il suo cinema
“Quest’anno e l’anno prossimo ricorrono molte date importanti: oltre i 40 anni di De Sica, sono dieci anni che è morto Nino Manfredi, poi c’è l’anniversario di Pasolini, l’anno prossimo. Questa memoria è un’eredità assolutamente vitale. Io non riesco a pensare a De Sica, a Manfredi, a Pasolini, come delle persone che non ci sono più o che ricordiamo in una chiave puramente memoriale. Hanno lasciato decine di film, hanno cambiato letteralmente il modo con cui noi oggi guardiamo la realtà. E quello che ci hanno lasciato ci porta anche ad approcciarci alla realtà in modo diverso sia per chi fa questo mestiere sia come persone “normali”: dopo aver visto Ladri di Biciclette, si guarderà alla realtà di tutti i giorni in un modo diverso. De Sica ha fatto dei bellissimi film anche nell’ambito di un “cinema di sentimenti”, come Matrimonio all’italiana o Ieri Oggi e Domani. Anche nella Commedia all’Italiana ha girato uno dei più bei film con Alberto Sordi,“Il boom”, film in cui per reggere il tenore di vita, il protagonista che vive assolutamente sopra le sue possibilità, alla fine decide di vendersi un occhio per coprire i debiti. Un assunto apparentemente grottesco, assurdo, tipicamente alla Zavattini, che fu il grande alter ego di De Sica. Probabilmente il momento che cambiò la vita, artisticamente, di De Sica è stato il periodo neorealista. Ladri di Biciclette inventa il moderno road movie, due personaggi che senza un motivo reale tranne quello di trovare una bicicletta rubata, iniziano un peregrinare per Roma e colgono il mondo esterno quasi in modo “impressionista”, pittorico. Mangiano una pizza, incontrano stranissimi personaggi e tutto visto ad altezza di bambino. In quegli anni in particolare De Sica cercava di guardare il mondo con gli occhi di un bambino condizionando a volte la posizione della cinepresa. In un’Italia e un’Europa distrutta dalla guerra, nello squallore del dopoguerra, l’occhio del bambino era ancora l’occhio che manteneva una sua purezza e una sua oggettività nei confronti del mondo reale”.
Qual’è il film di De Sica che preferisci?
“Assolutamente Ladri di Biciclette che considero tra i dieci capolavori del cinema di tutti i tempi. I personaggi si muovono spontaneamente come tutti noi e sembra un film che nasca in ogni momento in cui lo guardi, non sembra sia stato girato con una sceneggiatura rigida: 10 anni dopo vedremo personaggi che si muoveranno su scala nazionale in un altro road movie come Il Sorpasso di Dino Risi o su scala internazionale, più tardi, in Easy Rider di Denis Hopper. Ma è una linea cinematografica che deve tutto a De Sica e a Ladri di Biciclette che ha stravolto il modo di fare cinema, creando un vero e proprio “un format”. Altro film straordinario è Il boom, con un Alberto Sordi strepitoso in grande feeling con De Sica, oltre il feeling storico con la coppia Mastroianni e Loren..
Oggi c’è un regista che ha ereditato quel tipo di cinema?
“Penso di no soprattutto perché quei film sono stati girati subito dopo la guerra o negli anni difficili del dopoguerra e della ricostruzione come Sciuscià, Umberto D., Miracolo a Milano. Film incredibili ma sono state anche le condizioni di quell’Italia che hanno prodotto quel livello così alto. Dopo sono cambiati i tempi ed anche le inspirazioni: De Sica è andato verso un cinema meno neorealista come estetica ma più di grande spettacolo, Visconti verso il melodramma, Rossellini verso un cinema più sperimentale. E’ stato un periodo unico per il cinema italiano, film che ebbero un successo più internazionale che italiano, Sciuscià e Ladri di Biciclette vinsero gli Oscar come migliori film stranieri: Giulio Andreotti, allora sottosegretario alla cultura, non colse la grande novità di questa invenzione cinematografica, bollando il fenomeno con il noto “i panni sporchi si lavano in casa”. Quei film rappresentavano gli italiani che venivano dalla guerra, uscivano dal fascismo, affrontavano il dopoguerra e la povertà e la politica non voleva dare quell’immagine vera all’estero. Non comprendendo che De Sica stava girando dei capolavori assoluti così come faranno Rossellini e Visconti”.
Cinecittà è solo un ricordo del glorioso cinema italiano?
“Cinecittà è la memoria di un’epoca d’oro. Continua ad essere un luogo di cinema, nonostante tutto, ancora oggi. Ci fu un periodo, durato circa 15 anni, tra la fine della guerra e metà degli anni ’60, in cui ci fu Cinecittà venne chiamata la “Hollywood sul Tevere”. Grazie a una serie di concause economiche, sociali, legislative, internazionali; di leggi fatte dalle politica per stimolare i grandi capitali che arrivano dall’America per girare film a Cinecittà: un momento forse irripetibile. Gli Americani venivano a girare in Italia perché c’erano le maestranze ad altissimo livello con dei costi bassi, lo stesso motivo in seguito per cui molti produttori italiani, successivamente, hanno cominciato a girare in altri Paesi. Ma obiettivamente noi abbiamo le maestranze tra le migliori al mondo, un valore aggiunto assoluto”.
Le dive o i divi che De Sica ha lanciato nel cinema?
“Intanto va detto che forse uno degli attori migliori di De Sica regista è De Sica attore. De Sica nasce negli anni ’30 come attore nel ruolo di attor giovane, bello e affascinante. Successivamente ha la grande ironia di prendersi in giro, come attore, pur rimanendo un uomo di grandissimo fascino. Forse più che attori lanciati, sicuramente ha molto valorizzato il talento della Loren. De Sica credette anche molto in Alberto Sordi come comico. Sordi nasce come doppiatore, come umorista radiofonico negli anni 40’ ed attore brillante, non comico. De Sica riuscì ad intuire la sua vera indole e diresse il primo film comico di Sordi “Mamma mia che impressione”, film fu firmato da un altro regista ma realmente diretto da De Sica, un Sordi divertentissimo che interpreta personaggi esilaranti come il Compagnuccio della parrocchia. Da quel momento, e soprattutto con I Vitelloni di Fellini, la carriera di Sordi decollò.
De Sica si naturalizza napoletano pur essendo ciociaro: perché?
“La Ciociaria è un triangolo delle Bermuda del cinema italiano: De Sica nato a Sora, Manfredi e Mastroianni. Nessuno dei tre, tranne Manfredi, colse artisticamente questa origine ciociara. De Sica ebbe un percorso di vita molto articolato, visse in diverse città d’Italia ma scelse Napoli come città d’elezione, come patria ideale. Molti personaggi dei suoi film sono napoletani, molti film ambientati a Napoli come L’Oro di Napoli e Matrimonio all’Italiana. Soprattutto nel periodo neorealista Roma e Napoli erano le città dove si giravano più pellicole. Anche successivamente le due “regioni cinematografiche” sono il Lazio e la Campania, tuttora fucine per la commedia. Ovviamente anche la Sicilia ed ultimamente si esplora il Nord Est. Roma crea dei personaggi divertentissimi, paradigmatici dell’intera Penisola, e Napoli, al di là dei luoghi comuni, è un teatro a cielo aperto, con tutto il rispetto per le altre città”.
Ma chi è questo critico? Mai sentito nominare! Boh