Il collare d’argento dell’Ordine supremo della Santissima Annunziata che il Duce indossava quando fu catturato, il vasellame lasciato dai Savoia al Quirinale, oltre a lingotti d’oro, monili e preziosi vari. Quando il 27 aprile 1945 i partigiani della brigata Garibaldi lo fermano a Dongo, nascosto fra i soldati di un’autocolonna della Wehrmacht in ritirata, Benito Mussolini indossa un cappotto militare tedesco. Claretta Petacci, che gli siede accanto, una tuta blu da meccanico.

Un patrimonio sterminato e catalogato solo in parte. Di cui lo Stato non conosce nemmeno il valore. Questa fortuna, compresa la tuta indossata dalla Petacci, giace infatti da quasi due decenni nel caveau della filiale Bankitalia di via dei Mille a Roma all’interno di sacchi sigillati. Conservata insieme a migliaia di altri gioielli, monete d’oro, placche di platino e perfino un paio di lingotti d’oro, per lo più confiscati fra il ’43 e il ’45. Un patrimonio sterminato ma ignoto: nessuno sa con esattezza cosa contengano tutti i 419 plichi e le oltre duemila bisacce da cui è composto, perché un inventario completo non è mai stato fatto. Dieci anni fa il ministero dell’Economia istituì un gruppo di lavoro per realizzare una ricognizione.

Furono catalogati i 59 plichi più importanti. Nel 2007 i pezzi di maggior pregio furono esposti per una rapida conferenza stampa sull’attività di ricognizione svolta. Poi più nulla. Una vicenda che adesso, come scrive «L’Espresso», è sbarcata in Parlamento con un’interpellanza del senatore Giuseppe Vacciano (gruppo misto) che chiede al Ministero dell’Economia di completare l’inventario.