Il falò della vergogna
Il fatto
Nel giorno dell’Immacolata, a Castellammare di Stabia, le sagome di due manichini e una scritta: “Così devono morire i pentiti. Abbruciati”. Un segnale della camorra dopo i successi registrati negli ultimi mesi contro i clan della zona.
Le parole del Procuratore Nazionale Antimafia
“È un messaggio. Penso sia stata solo una cosa assolutamente vergognosa e mi meraviglia come non si sia riusciti ad intervenire in tempo. E’ un fatto gravissimo che non deve passare affatto sotto silenzio. Come cittadino stabiese mi sento profondamente Indignato. Sono segnali di insofferenza per i successi dello Stato”, dice il procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho il giorno dopo il falò della vergogna nel quartiere Saporito a Castellammare di Stabia.
Un falò che si è trasformato in un messaggio di morte per i collaboratori di giustizia, le cui sagome sono state appese come impiccati alla catasta di legno. Un manichino che simboleggia un pentito sulla sommità del impalcatura, accanto a uno striscione con la scritta “Così devono morire i pentiti abbruciati”.
Questo nel giorno di festa dell’Immacolata in un quartiere dove vivono numerosi fiancheggiatori del clan D’alessandro, sodalizio criminale decapitato nei giorni scorsi dalla Maxi operazione della Dda di Napoli quattro i capi clan finiti in manette grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori.
Gli arresti
Sono cinque le persone finite nel mirino della Direzione distrettuale antimafia e che presto saranno iscritte nel registro degli indagati per i roghi della vergogna a Castellammare di Stabia. Otto le posizioni attenzionate complessivamente, dopo, persona per persona, le identificazioni attraverso l’acquisizione e la visione dei filmati.
E’ la risposta, rapida, si spera altrettanto plateale, ai clan della camorra che hanno utilizzato i simbolici falò dell’Immacolata come messaggio di controllo sul territorio: “Così devono morire i pentiti, abbruciati”, c’era scritto su un lenzuolo e sotto un manichino impiccato.
Le persone che la Direzione distrettuale antimafia sta indagando sono gli uomini che si arrampicano sull’enorme catasta di legna e mettono in piedi il teatrino, poi dando fuoco.
Intanto, a Castellammare, la polemica sull’accaduto ha raggiunto livelli altissimi. Lo stesso sindaco Gaetano Cimmino è finito sotto accusa. Ci ha pensato Nicola Russo, magistrato stabiese nel direttivo della Scuola superiore di magistratura e gip della Procura di Napoli, a puntargli l’indice: “Non bastano più le frasette di circostanza. Di fronte a episodi simili bisogna fare i nomi e i cognomi, senza ipocrisie”.