di SIMONA D’ALBORA
La risistemazione di piazza Municipio, inaugurata il 23 maggio scorso, sta dividendo l’opinione pubblica. Il progetto, che parte soprattutto dall’intenzione di aprire il porto alla città attraverso quel corridoio che parte da Palazzo San Giacomo e arriva fino alla Stazione Marittima, non ha entusiasmato tutti i cittadini, ma bisogna dire che ancora non è completata. Proprio di fronte al Municipio è stata collocata la fontana del Nettuno appena restaurata, bellissima in tutto il suo splendore: voluta dal viceré Enrique de Guzmán, conte d’Olivares, il quale governò a Napoli dal 1595 al 1599, fu effettivamente lavorata tra il 1600 e il 1601, durante il viceregno del conte di Lemos, sotto la direzione di Domenico Fontana. Alla realizzazione della fontana parteciparono anche Michelangelo Naccherino (che realizzò il Nettuno), Angelo Landi e Pietro Bernini (che scolpì i mostri marini). Nei secoli, la fontana non ha mai trovato pace e una sua collocazione definitiva: inizialmente collocata presso l’Arsenale del porto, fu poi spostata a Piazza Plebiscito, da lì andò a Santa Lucia dove Cosimo Fanzago la arricchì con nuove sculture. Poi a Largo Correggio, che diventò via Medina, poi probabilmente fu collocata all’inizio della via del Molo. Nella prima metà del ‘700 di sicuro era di nuovo a via Medina, in un altro punto, quasi all’inizio di via del Molo. Nel 1886, in vista della risistemazione di via Medina in occasione dei grandi lavori imposti dal Risanamento fu spostata e depositata nelle grotte di Via Pizzofalcone, con l’intenzione di collocarla nella piazza che oggi è conosciuta come piazza Nicola Amore, ma alla fine nel 1898 venne sistemata in piazza Borsa, dove rimase fino al 2000. Nel 2000 fu spostata per consentire la costruzione dei cantieri per la nuova stazione della metropolitana. Dopo il restauro, riapparve con grande sorpresa dei napoletani, nel 2001 in via Medina. Nel 2014, la fontana è stata smontata restaurata prima di essere collocata, si spera definitivamente, nella nuova piazza Municipio. Dal 1601 ad oggi ben sette collocazioni diverse. Se la fontana mette d’accordo tutti per la sua bellezza, tuttavia permangono le critiche sul resto della piazza: sparite le aiuole e le panchine collocate proprio di fronte Palazzo San Giacomo, previste solo delle file di alberi, appena piantati, ma la preoccupazione è che d’estate, almeno fino a che non cresceranno gli alberi, la piazza si trasformi in un forno anche per l’assenza delle aiuole. Così come non piace la collocazione della fontana: dal lato del municipio, infatti per accedervi bisogna scendere delle scale, una barriera architettonica non da poco per gli invalidi che vogliono vederla da vicino, non piace nemmeno il muretto di marmo costruito intorno alla fontana. Ma la piazza deve essere ancora completata, come si vede dalla presenza delle auto parcheggiate soprattutto sul lato destro della strada. Nelle intenzioni dell’amministrazione comunale c’era, infatti quella di chiudere completamente tutta l’area e quindi bisogna aspettare ancora per capire se i parcheggi laterali verranno eliminati. Insomma non è ancora stata completata ma già di lei si parla tanto.
Dal canto suo l’assessore Mario Calabrese difende il progetto di sistemazione della piazza affidato a Siza e Souto de Mura:
Il progetto si basa su un attento studio delle relazioni urbane tra la piazza, il porto e la collina di Sant’Elmo per restituire quella continuità visiva che rappresenta il solco fondamentale della geografia di Napoli. – scrive Calabrese – Siza ha lavorato molto sulle carte topografiche e sulle antiche incisioni della piazza fornitegli dal Comune, in modo da pensare un progetto capace di fondere storia, archeologia e soluzioni eco-compatibili con un’area monumentale.
L’idea complessiva del progetto si basa su un dato molto visibile nelle tante carte topografiche e nelle antiche incisioni del porto e di piazza Municipio, ovvero la persistenza di una fortissima penetrazione della città verso il mare, per questo occorre rinforzare – dice Siza- l’asse con il golfo. Obiettivo prioritario, inoltre, è l’esposizione dei reperti archeologici di età romana e dei resti della murazione di epoca vicereale del Castel Nuovo, rinvenuti nel corso degli scavi della metropolitana.
Dunque il progetto di Siza penetra nel porto e si articola su due livelli:
– il primo, in superficie, riguarda la risistemazione della piazza che mira a riconnettere in modo irreversibile la continuità spaziale tra piazza Municipio e la stazione Marittima. Il disegno, la geometria della piazza viene, quindi, rivoluzionata e con essa anche i giardini e la viabilità;
– il secondo ingloba il sistema di fortificazione cinquecentesco -che è affiorato durante gli scavi e che circondava il castello Angioino- e il Castello stesso.
In tal modo viene enfatizzato il rapporto dei due elementi chiave della veduta di Napoli dal mare; rapporto che è stato interrotto prima dagli interventi tardo ottocenteschi di isolamento del Maschio Angioino e poi da quelli di epoca fascista connessi alla ristrutturazione del porto.
L’archeologia assume, un ruolo fondamentale e l’obiettivo principale è l’integrazione tra le preesistenze storiche ritrovate e le opere funzionali alla perfetta agibilità della nuova infrastruttura.
“Così emergono magnifici monumenti, che talvolta gli uomini scoprono scavando scavando. Tale materia accumulata condiziona e orienta quanto si costruisce oggi”