di Antonella Catrambone
L’8 marzo scorso è stata lanciata su AVAAZ.ORG una petizione molto importante sulla osservanza dei principi sottoscritti nella Convenzione di Aarhus che sancisce l’accesso alle informazioni, la partecipazione ai cittadini, e l’accesso alla giustizia in materia ambientale. L’obiettivo è di rendere liberi i cittadini lucani di scegliere tra lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo e la naturale vocazione della Regione Basilicata che vanta un alto potenziale produttivo e turistico. Così come si è potuto apprendere anche dalla puntata di Presa Diretta sullo Sblocca Italia ed il petrolio in Basilicata, “le compagnie petrolifere hanno saccheggiato le risorse esauribili del territorio senza instaurare sistemi economici duraturi e politiche di sviluppo sostenibile”.
In Basilicata, negli ultimi 25 anni, si è perforato il sottosuolo per l’estrazione di idrocarburi e “le compagnie non hanno avuto cura di salvaguardare ciò che era già presente nella regione e, indifferenti dei rischi che avrebbero arrecato, hanno utilizzato vecchie tecniche che hanno causato un danno ambientale maggiore rispetto all’uso di macchinari e tecniche di estrazioni più innovative. Tecniche retrograde, quindi, che hanno provocato un crescendo di patologie tumorali ed altri casi da antologia medica non opportunamente riportate dai registri sanitari regionali e nazionali”.
Sotto accusa sono le compagnie petrolifere che, a quanto si legge nel testo della petizione, non si sono preoccupate di instaurare procedure e sistemi efficaci per il controllo di un’attività invasiva e pericolosa come quella della perforazione del suolo e l’opera di piattaforme petrolifere che hanno causato inquinamento atmosferico e della falda acquifera. Da non dimenticare la combustione di gas e la sedimentazione di polveri sottili sui terreni che fino ad allora erano dediti ad un’agricoltura ed allevamento di pregio. C’è molta preoccupazione per ciò che accade in Basilicata dove, purtroppo, si assiste impotenti alla morte di numerosi capi di bestiame, alla contaminazione della catena alimentare e all’abbandono del settore primario, con la svendita di campi ed abitazioni di proprietà. “Oltre alle piattaforme di estrazione, sono state concesse quelle di reiniezione dei fanghi che contengono, oltre a scarti e acque esauste, usate durante le perforazioni, gli isotopi radioattivi liberati dal sottosuolo e riportati nella falda acquifera”.
Il tutto realizzato in un’area antropizzata dove questi pozzi continuano la loro attività a poche centinaia di metri dai centri abitati, da infrastrutture pubbliche ed in prossimità di fiumi e dighe come l’Agri e l’invaso del Pertusillo che arricchiscono le condotte di acqua potabile di altri comuni e regioni posti a valle rispetto alle aree perforate. La regione Basilicata è ricca di acqua tanto da servire le aree limitrofe, ma è a forte rischio di contaminazione.
“Un territorio ad alto rischio sismico che rischia di essere inesorabilmente inquinato, posto all’interno dell’area Parco nazionale, dove dovrebbero essere preservate specie animali e vegetali”. La petizione, indirizzata al Servizio per lo Sviluppo Sostenibile del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, così conclude: “Nel nostro secolo ci vuole molto coraggio a non abbassare mai la testa e lottare per avere dignità, uguali diritti, il diritto alla vita, un’informazione corretta e veritiera, senza distrarsi mai, ed è per questo che ci battiamo affinché questi abitanti possano decidere consapevolmente la propria sorte, legata alla vita ed all’ambiente che li ospita attraverso scelte indirizzate a carattere sociale, civile, ambientale e produttivo”.
Di seguito il link della petizione: