Il governo si dice pronto a concedere ai nati negli anni Cinquanta un po’ di flessibilità in uscita. E dunque ad andare in pensione due o tre anni prima, attorno ai sessanta o poco più. Senza darsi pensiero per chi verrà dopo, sebbene lo scenario sia sconfortante. La triste verità, mostrata in molte buste arancioni in arrivo nelle case degli italiani in queste settimane, è che il traguardo pensionistico si allontana a dismisura per i trentenni e quarantenni di oggi, i contributivi puri o post-1996, che lavorano cioè dalla fine degli anni Novanta e riceveranno solo in base a quanto versato. Ebbene per questi (ex) giovani il mix micidiale di norme, per lo più sconosciute ma in vigore, pongono l’uscita anche oltre i 75 anni paventati dal presidente Inps Boeri per i nati nel 1980. Due regole in particolare destano perplessità. Quella per cui chi guadagna di più, può lavorare meno. E l’altra paradossale sulla longevità grave;: se la speranza di vita aumenta l’età della pensione si allontana, ma se diminuisce resta uguale.

Un pensiero su “Pensioni, la beffa per i poveri: dovranno lavorare di più”

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