Sulla legge anticorruzione la maggioranza è stata battuta alla Camera con il voto segreto. II governo gialloverde è inciampato pesantemente (284 sì e 239 no) su un emendamento dell’ex grillino Catello Vitiello che ha fatto rientrare dalla finestra (in Aula) una norma sul peculato, ribattezzata dal Pd «Salva Lega», già uscita dalla porta (in commissione) perché il M5S si era messo di traverso. Ora Matteo Salvini, che comunque non parla di modificare il testo Vitiello, dice che questa «votazione bislacca…con i bambini che giocano con i pulsanti …non avrà ripercussione sul governo» perché l’Anticorruzione verrà approvata celermente». Ma Luigi Di Maio non l’ha presa bene e, dunque, ha convocato per oggi alle 9 tutti i parlamentari grillini per ridiscutere il calendario che prevedeva almeno fino a ieri sera anche l’approvazione del decreto Salvini entro il fine settimana. Tre le letture di questo capitombolo. La Lega, che però respinge la paternità dei 36 franchi tiratori, ottiene una rivincita nel segreto dell’urna sul giustizialismo dei grillini e si arma per imporre l’approvazione del decreto Sicurezza. Ma c’è anche chi adombra un «accordo sotterraneo» tra Di Maio e Salvini: il primo porta a casa dal 1° gennaio del 2020 la prescrizione congelata dopo il primo grado, il secondo incassa una modifica del Codice penale indigeribile per il M55 che invece interessa da vicino alcuni esponenti di spicco del Carroccio. Infine, la terza variabile: non solo i 18 dissidenti grillini che fanno riferimento al presidente Roberto Fico potrebbero avere dato «un aiutino» al «Salva lega» in modo da costituirsi un alibi per poi non votare il decreto Sicurezza. Bonafede è furibondo, mentre i berlusconiani festeggiano. Appena pochi minuti dopo Salvini piglia le distanze dal comma Vitiello. «Il voto in aula è assolutamente sbagliato. La posizione della Lega la stabilisce il segretario. Il provvedimento arriverà alla fine come concordato dalla maggioranza» dice il leader leghista. Ma a dargli torto, facendo infuriare i 5stelle, è il tam tam sul peculato degli ultimi giorni e la battuta leghista «che dire, a M5S si è mandato un segnale…». E’ lontano il tempo nel quale Di Maio spiegava di fidarsi ciecamente del leader leghista. Se persino il prudente capogruppo alla Camera D’Uva arriva a dire che cosi non si va avanti, vuol dire che la situazione in casa 5 Stelle ha raggiunto il livello di guardia. Tanto che interviene anche il sindaco di Roma Virginia Raggi a dire che la situazione è grave: «Sulla corruzione non si scherza».