Alla fine la scissione è arrivata. E prima del fatidico Consiglio Nazionale nel corso del quale oggi Silvio Berlusconi sancirà ufficialmente la rinascita di Forza Italia. Ieri sera, quasi fuori tempo massimo, il vicepremier ha infatti annunciato che lui e il gruppo di ministri e parlamentari che lo sostengono non aderirà alla nuova formazione politica e costituirà gruppi autonomi sia alla Camera che al Senato sotto le insegne del “Nuovo centrodestra”. Come immediata conseguenza il presidente dei senatori del Pdl, anche lui con Alfano, ha subito presentato le sue dimissioni. Mentre la prima reazione dura alla scelta dell’ex segretario del pdl è di Raffaele Fitto. “Alfano – tuona il portavoce di fatto dei lealisti – compie un atto gravissimo contro la sua stessa storia, contro Berlusconi e contro gli elettori”. Prima della svolta s’era capito che tutto stava precipitando quando un fantomatico Ufficio di presidenza del Pdl, estremo tentativo di mediazione delle colombe, era stato prima preannunciato e poi smentito. Si apre a questo punto un Consiglio nazionale che vedrà la defezione degli alfaniani e porterà dritto alla scissione fra le due anime del partito. Si parla di 60 parlamentari pronti a seguire Alfano: 33 al Senato, 27 alla Camera. “Mi trovo qui per compiere una scelta che non avrei mai pensato di compiere. Non aderire a Forza Italia”, spiega Alfano. Per tutto il giorno a Palazzo Grazioli si erano susseguitii gli incontri. Ma di fatto l’epilogo è quello messo nero su bianco da Silvio Berlusconi nella lettera inviata ai parlamentari e diffusa nel pomeriggio: “Forza Italia è la casa di tutti ma chi non si riconosce più nei valori del nostro movimento è libero di andarsene”. “Domani sarà l’occasione per confrontarci e discutere. Come si fa in ogni famiglia. Ognuno porterà le sue idee. Ognuno è chiamato a dare il proprio contributo al disegno comune. Con civiltà, senza pregiudizi, senza retro pensieri”, aveva scritto Berlusconi, teso a rassicurare che la nuova Forza Italia non sarà “qualcosa di diverso, di piccolo e meschino” e nemmeno “preda di una oligarchia” e di “una deriva estremista”, perché in tal caso “sarei io che l’ho fondata a non riconoscermi più in questo progetto”. Berlusconi ribadisce “le ragioni per cui è indispensabile restare uniti e lottare insieme”, rivendica di aver “ascoltato le ragioni di tutti” e di aver “cercato di trovare soluzioni che uniscano, spesso senza comprendere neppure le ragioni di una divisione”. E alla raccolta di firme tra i parlamentari afferma di avere interesse “solo in quelle degli elettori”. Nel pomeriggio gli innovatori chiedono un ufficio di presidenza per lavorare a un documento condiviso. L’ipotesi sembra trovare conferma, poi viene smentita. A tarda sera Roberto Formigoni attacca: “I falchi hanno impedito a Berlusconi qualsiasi ultimo tentativo di mediazione, hanno voluto rottura”. È l’epilogo. E l’atto più che probabile dell’addio.