Dopo la riforma costituzionale tocca ora a quella elettorale. E l’incontro di questa mattina a palazzo Chigi con Berlusconi, Verdini e Letta – scrive Francesco Bei a pagina 6 di Repubblica – “serve a stringere i bulloni del patto, a mettere il timbro dei leader sul “Protocollo “ messo a punto dagli sherpa Pd e Forza Italia nei giorni scorsi: capilista bloccati e preferenze per chi segue, sbarramento al 4 per cento, premio di maggioranza solo a chi supera il 40% al primo turno.
Renzi ci conta: “Berlusconi è con noi, non si sfilerà “. Ma il premier sa anche che sulla legge elettorale non può procedere a due, infischiandosene dei “piccoli” della sua maggioranza e di Sel. E nemmeno può ignorare che nel suo stesso partito sta crescendo una forte corrente favorevole al ritorno ai collegi uninominali in alternativa alle preferenze (ieri, dopo Giachetti e Zampa, si è aggiunto Gianni Cuperlo), che potrebbe coagulare consensi con una raccolta firme in Parlamento. Così, dopo il premier spaccatutto che si è visto all’opera sulla riforma del Senato, è tornato in campo il presidente-tessitore. Ieri mattina, prima dell’incontro odierno con Berlusconi, Renzi ci ha tenuto a incontrare faccia a faccia il “junior partner” Alfano. E proprio sulla legge elettorale promette di “andargli incontro, perché Angelino va capito”.
Per il nuovo centrodestra è un problema di sopravvivenza di fronte a un Berlusconi che sta cercando di entrare sempre più nell’orbita del governo. Il leader dell’Ncd si è concentrato in particolare sul problema delle soglie di sbarramento — attualmente al 4,5% per chi sta in coalizione — chiedendo a Renzi di abbassare l’asticella fino a quel 3% stabilito dalla Corte costituzionale per il Consultellum. Renzi non gli ha detto di no. Ammette che quello delle soglie è un problema ancora aperto. “Ne parlerò a Berlusconi”, ha promesso. I centristi — da Quagliariello a Mario Mauro, da Balduzzi a Dellai, da Cesa a Mazziotti — visto il pericolo di un nuovo patto del Nazareno alle loro spalle, ieri mattina si erano intanto visti a palazzo Madama per mettersi d’accordo su alcuni punti chiave. E soprattutto fare “massa”.
“Con una riforma del Senato che esalta ancora di più la governabilità — spiega Renato Balduzzi uscendo dalla riunione – la legge elettorale della Camera deve tener conto della rappresentanza di tutte le forze politiche. E l’Italicum da questo punto di vista va migliorato. Se stiamo uniti noi centristi siamo 120 parlamentari, non possono non ascoltarci”. Per il momento niente gruppo comune, ma a settembre si riuniranno in un’assemblea di tutti i parlamentari per fare la voce grossa. Eppure Silvio Berlusconi di abbassare ulteriormente le soglie di sbarramento (compresa quella per chi non si coalizza, da portare al sei per cento dall’otto attuale) non ci pensa affatto. Collaborare va bene, ma Forza Italia non ha intenzione di ingoiare qualsiasi modifica, soprattutto se questa favorisce Alfano.
Così l’ex Cavaliere, in una riunione pomeridiana con Toti, Bergamini, Romani e Ghedini, si convince a non firmare alcuna cambiale in bianco sulla legge elettorale: “Per ora stiamo a quanto concordato, per il resto vedremo a settembre”. È sempre più evidente l’intenzione di Berlusconi di legare l’assenso al nuovo Italicum a tutte le altre partite in corso, dalla giustizia alle misure economiche, fino all’identikit del prossimo inquilino del Quirinale. (…). “Del resto — osserva Maurizio Gasparri — né Renzi né Berlusconi hanno più interesse ad accelerare sulla legge elettorale. Il premier non può tornare a votare senza prima aver portato a casa la riforma costituzionale. E anche a noi serve tempo per recuperare nei sondaggi e ricostruire una coalizione di centrodestra”. (…)