Il giorno è arrivato: dopo 25 anni d’attesa, oggi saranno resi pubblici gli ultimi documenti relativi all’assassinio del 35esimo presidente americano, John Fitzgerald Kennedy. Fino ad ora erano stati protetti da una legge firmata il 26 ottobre del 1992 dall’allora Commander in chief, George H.W. Bush; il provvedimento chiedeva che tutti i documenti legati alla tragedia avvenuta il 22 novembre 1963 fossero desecretati entro i 25 anni successivi a meno che, facendolo, si ledessero operazioni d’intelligence e militari o relazioni straniere.
Donald Trump ha confermato ieri in un tweet quanto aveva anticipato sabato scorso: “La pubblicazione tanto attesa dei #JFKFiles avverrà domani (oggi, ndr). Molto interessante!”. Quattro giorni prima aveva scritto in un cinguettio: “Previa la ricezione di informazioni ulteriori, da presidente permetterò l’apertura dei file su Jfk da tempo bloccati e classificati”. Si tratta di oltre 3.100 documenti mai visti prima d’ora, ma non è chiaro se tutti verranno alla luce. Andranno ad aggiungersi ai circa 30.000 file diffusi in passato ma con parti cancellate. In gioco ci sono centinaia di migliaia di pagine che verranno rese accessibili online dal National Archives, agenzia federale preposta a conservare documenti governativi, che rischiano di non portare a galla informazioni bomba tali da mettere fine alle teorie cospirazioniste che da sempre aleggiano sull’assassinio e che sono state alimentate dal film del 1991 di Oliver Stone intitolato “JFK”.
Stando al giudice John Tunheim, tra le persone che ha visto i documenti pronti a essere pubblicati, chi ha grandi aspettative dovrebbe ridimensionarle. Per colui che ha lavorato nell’Assassination Records Review Board, preposto all’analisi sistemica di milioni di pagine sull’assassinio, si tratta principalmente di una raccolta di informazioni di intelligence da parte della Cia e dell’Fbi. Ci vorranno settimane di lavoro per passare al vaglio i documenti e capire se invece contengono spunti nuovi. Una cosa è certa.
La narrativa dell’assassinio non è destinata a cambiare: Lee Harvey Oswald agì da solo a Dallas, conclusione a cui giunse nel settembre del 1964 la Warren Commission (fu creata dal presidente Lyndon B. Johnson sette giorni dopo l’assassinio di JFK per indagare su quanto accaduto). I nuovi documenti, tuttavia, sono legati anche al viaggio di sei giorni che Oswald fece a Città del Messico qualche settimana prima del fatidico 22 novembre di 54 anni fa. Oswald disse che stava visitando le ambasciate di Cuba e dell’Unione Sovietica per ottenere visti. Secondo Philip Shenon e il professore universitario Larry Sabato, autori di un libro su Kennedy, in quell’occasione Oswald incontrò spie sovietiche e cubane e finì per essere oggetto di una intensa sorveglianza da parte della Cia nella capitale messicana.