L’Italia sta uscendo dalla recessione ma si sta avviando verso una ripresa debole e lenta, che vedra’ la disoccupazione restare a livelli elevati e il debito pubblico salire ancora, rendendo opportune nuove misure di consolidamento. E’ la diagnosi contenuta nell’Economic Outlook dell’Ocse. In particolare, l’organizzazione prevede che l’economia italiana, dopo una contrazione dell’1,9% nel 2013, cresca dello 0,6% nel 2014 e dell’1,4% nel 2015. “Il ritorno alla crescita e’ sostenuto dalle esportazioni, che dovrebbero accelerare ulteriormente nei prossimi due anni grazie all’aumento della domanda estera”, afferma l’Ocse, “la domanda interna prendera’ slancio durante il 2014 in coincidenza con l’inversione di tendenza degli investimenti”. La disoccupazione nei prossimi due anni e’ pero’ “destinata a restare alta, in quanto e’ probabile che l’impatto della crescita della domanda si traduca inizialmente in un aumento dell’orario di lavoro medio delle persone gia’ occupate”. L’outlook prevede che il tasso di disoccupazione italiano salga nel 2014 al 12,4% dall’attuale 12,1%, per poi tornare al 12,1% nel 2015.
Quanto ai conti pubblici, l’Ocse riconosce il successo del governo nell’abbassamento del deficit, che e’ stimato pari al 3%, al 2,8% nel 2014 e al 2% e nel 2015. Il debito pero’, anche a causa della debolezza dell’economia, appare orientato a salire dal 145,7% del Pil nel 2013 al 146,7% del Pil l’anno successivo, per poi ripiegare al 146,1% del Pil nel 2015, numeri che richiedono un “consolidamento fiscale almeno pari a quanto programmato”. L’inflazione, infine, continuera’ a scendere, toccando l’1% nel 2015, generando “una crescita dei redditi” e trainando i consumi privati”. “Essenziale” per stimolare questa debole ripresa, secondo l’Ocse, e’ proseguire sulla strada delle riforme strutturali, in particolare riducendo ulteriormente le tasse sul lavoro. Un ulteriore traino, aggiunge l’outlook, potrebbe arrivare dal saldo dei debiti della pubblica amministrazione, il cui impatto potrebbe rivelarsi piu’ sensibile del previsto. I maggiori rischi arrivano invece dalla salute del settore bancario, un ulteriore deterioramento del quale potrebbe “interrompere il normale ciclo di investimenti” e pesare sulla gia’ problematica offerta di credito, “notevolmente” piu’ costosa che in molti altri paesi dell’Eurozona