Politica interna
Napolitano – Dopo le indiscrezioni di stampa che vedevano dimissionario il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il Colle ha rivendicato in una nota ufficiale che “il bilancio di questa fase di straordinario prolungamento e di conseguenza le decisioni che riterrà di dover prendere”, restano “esclusiva responsabilità del capo dello Stato”. Il quale, si sottolinea, “come sempre offrirà ampia motivazione” dei suoi passi “alle istituzioni, all’opinione pubblica, ai cittadini”. E si ricorda peraltro che “i termini della questione sono noti da tempo” e che lo stesso presidente della Repubblica aveva provveduto a indicare “limiti e condizioni, anche temporali, entro cui accettava il nuovo mandato”. Limiti e condizioni espresse durante il suo discorso d’insediamento-bis, il 22 aprile 2013: Resterò, disse, “fino a quando la situazione del Paese e delle istituzioni me lo suggerirà e comunque le forze me lo consentiranno”.
Renzi – Matteo Renzi è fiducioso sul fatto che a breve si riuscirà a incardinare la legge elettorale al Senato in modo da avere un voto prima della fine dell’anno. Prima cioè dell’uscita di scena del presidente Napoliano. A Palazzo Chigi tengono ferma la linea degli ultimi giorni: martedì prossimo si comincia in prima commissione a Palazzo Madama, e il capo del governo dice agli alleati che alla fine Silvio Berlusconi sarà della partita, e che riuscirà persino a trovare una sintesi fra il Nuovo centrodestra di Alfano e le richieste di Forza Italia. “Noi andiamo avanti con le riforme, con urgenza e determinazione sapendo che l’orizzonte del governo è quello dei mille giorni, del 2018”, ha fatto sapere il premier, sottolineando il ruolo di presidio e garanzia di Napolitano e smentendo di puntare a elezioni anticipate, o di voler strappare un’accelerazione al Cavaliere per questo motivo. Contatti diretti con Berlusconi non ce ne sono ancora stati, e solo i prossimi giorni diranno se il patto del Nazareno sia ancora in piedi o sia prossimo allo scioglimento.
Berlusconi – La risposta di Berlusconi all’ultimatum del premier Renzi sulla riforma elettorale non è di apertura: “Non so se Renzi si aspetta una risposa. Ma, qualora l’aspettasse entro stasera, sappia già che non arriverà” … “e se la maggioranza vuole andare avanti sulla legge elettorale per la sua strada o insieme ai grillini, buona fortuna”. Lo scenario di un Napolitano dimissionario porta alla seguente linea di pensiero: “Niente presidente, niente scioglimento delle Camere, niente elezioni anticipate”. Al contrario, “nel momento in cui Renzi si troverà ad affrontare lo scoglio della successione al Quirinale, o parla con noi o fa la fine di Bersani”. Una visione che si condensa nelle parole di Giovanni Toti: “La storia di Napolitano cambia tutto. Adesso non è più centrale la legge elettorale. Adesso devono fare davvero i conti con noi. E Renzi finalmente s’è accorto che questa forzatura sui tempi s’è rivelata un autogol”. Se 48 ore fa Berlusconi aveva deciso di concedere il disco verde sul nuovo Italicum, dopo le ultime dal Colle la strada che ha intenzione di percorrere l’ex premier è esattamente l’opposta: “Prima cerchiamo un accordo tra di noi e poi si vede”.
Lega Nord – Il leader della Lega Nord Matteo Salvini, dopo l’aggressione subita sabato in periferia di Bologna, dove si stava recando a visitare un campo rom, non se la prende con la polizia: “Non credo che le forze dell’ordine non mi abbiano protetto”, precisa Salvini. Dall’altra parte, però, il malumore è forte. La Questura di Bologna non digerisce le critiche in merito alla gestione dell’ordine pubblico di sabato mattina. E il sindacato di polizia rilancia che “essere sottoposti a tutela, presuppone l’accettazione di regole”. Uno come Salvini, che ha la “tutela” della questura di Milano, “è obbligato a comunicare preventivamente dove e quando intende spostarsi”. L’impressione generale è che Salvini non abbia avvertito intenzionalmente dei suoi spostamenti. Fatto sta che il veicolo sul quale viaggiava il segretario leghista, privo di adeguata scorta, è stato intercettato da un gruppo di antagonisti dei centri sociali, costringendo Salvini a fuggire tra i vetri infranti dell’auto.
Politica estera
Usa-Cina – A livello internazionale il presidente degli Stati Uniti Barack Obama nutre ambiziosi progetti sul versante del clima e delle nuove tecnologie. Secondo fonti statunitensi è possibile che la visita a Pechino, la prima di Obama dal 2009, possa portare alla firma di un’intesa tra Stati Uniti e Cina per il taglio delle emissioni di gas serra, e per intensificare la lotta al cambiamento climatico.
Spagna – L’“iniziativa partecipativa” di ieri in Catalogna, una specie di referendum-farsa senza registri e senza alcun controllo democratico reale per chiedere se si considera la Catalogna uno Stato e, se sì, se si vuole che sia indipendente, ha registrato alle 18 di ieri (si potrà votare fino al 25 novembre) una partecipazione di 1997mila persone, il 31,74% dell’elettorato. Al di là dei numeri il processo verso l’indipendenza della Catalogna ha segnato un nuovo balzo in avanti. La consultazione partecipativa si è svolta nonostante una Corte Costituzionale ne abbia sospeso sulla carta lo svolgimento. Inutili le sei denunce che hanno chiesto in mattinata, nei tribunali della regione, di bloccare questa specie di macro-sondaggio dal vivo.
Economia e finanza
Ddl Stabilità – Entra nel vivo domani l’esame del ddl Stabilità alla Camera, il cui destino s’incrocia con quello del Jobs act. Si parte con il vaglio di ammissibilità dei 3700 emendamenti. La disponibilità del governo a rivedere il testo c’è, ma a condizione di non modificare i saldi. L’obiettivo è potenziare il carattere espansivo della manovra e in questo senso potrebbero essere corrette alcune misure, a cominciare dall’aumento della tassazione dei fondi pensione. L’altra modifica attesa è quella sulla nuova “local tax”, che accorperà Imu, Tasi e diversi balzelli locali. Sotto la lente anche il Tfr e i minimi per le partite Iva. Intervenire sulla platea degli 80 euro legandola all’Isee o introducendo il quoziente famigliare sarà invece molto complesso. In ogni caso si punta a non eliminare i benefici per i redditi bassi.
Fed – All’indomani del trionfo della destra americana nelle elezioni di midterm, gli indici di Wall Street hanno toccato nuovi record storici. Salvo poche eccezioni il mondo della finanza ha sempre sostenuto i repubblicani, e vede ora nella nuova maggioranza anti-Obama che controlla il Congresso una garanzia che, almeno fino al voto del 2016 per la Casa Bianca, ci sarà un clima favorevole alle imprese. Molto meno contenta è la Fed di Janet Yellen, che non sottovaluta la vittoria della destra, storicamente ostile nei confronti della banca centrale americana.