Esiste una ricerca censurata in Italia dall’Università di Messina, ma pubblicata negli Stati Uniti nel 2014 dalla rivista Capitalism Nature Socialism (Taylor and Francis) che ha ad oggetto i modelli addestrativi utilizzati nelle caserme militari italiane e la loro relazione con quelli impiegati nelle forze di polizia. I metodi di indagine utilizzati sono stati autoetnografia, derivante dalla rielaborazione di un diario scritto dallo stesso ricercatore, osservazione partecipante ed interviste in profondità.
Charlie Barnao, sociologo all’Università Magna Graecia di Catanzaro, è autore di questa indagine che nasce da una esperienza personale, fatta negli anni ’90, come militare nei paracadutisti della “Folgore”, unica grande unità avioportata dell’Esercito Italiano che ospita al suo interno anche l’unico reparto di forze speciali abilitate alle operazioni non convenzionali in territorio nemico. Le sue osservazioni assunsero rilievo altisonante già nel’99 quando avvenne un fatto importante per la storia del servizio militare italiano: Emanuele Scieri, allievo paracadutista siciliano, veniva trovato morto nella caserma durante il primo mese di addestramento in condizioni ancora non spiegate. Charlie Barnao e Pietro Saitta, in un volume dal titolo “LA VIOLENZA NORMALIZZATA. Omofobia e transfobia negli scenari contemporanei” curato dal sociologo Cirus Rinaldi, affrontano i problemi legati ai principi della psicologia comportamentista in cui il condizionamento assume un ruolo sempre più centrale, riportando testimonianze vissute in prima persona, informazioni raccolte presso la procura militare, analisi di interrogatori e colloqui con paracadutisti e rappresentanti delle forze dell’ordine.
Dall’insieme di tutti i dati raccolti è emersa l’esistenza di un sistema educativo, all’interno delle caserme, che persegue un modello fascista ed autoritario, nel senso della Scala F proposta dalla Scuola di Francoforte le cui caratteristiche sono: rispetto per le convenzioni; sottomissione all’ordine vigente; mancanza di introspezione; superstizione; credenze stereotipate; ammirazione per il potere e la durezza; emersione di tendenze ciniche e distruttive; eccessivo interesse ed attenzione per la sessualità. Accanto ad un autoritarsismo di tipo educativo se ne pone uno sociale: la vestizione, il ribaltone, la pompata, il passaggio della stecca, la sporca sono tutti rituali che caratterizzano la socializzazione del soldato all’interno dell’istituzione militare e che divengono modelli attraverso i quali impartire dei valori necessari per il buon funzionamento dell’istituzione stessa. In secondo luogo, si è dimostrato come, in condizioni di particolare stress, gli attori educati con questo modello, sono portati ad avere delle reazioni di violenza incontrollata e di sadismo.
La ricerca si sta sviluppando verso un collegamento tra il modello educativo delle caserme e le azioni di tortura perpetrate dai militari nelle missioni all’estero (Somalia, Afghanistan, Iraq) e dalle forze di polizia all’interno del contesto italiano come quelle certificate nei casi di Bolzaneto e Diaz. Per comprendere quest’ultimo aspetto e le conseguenze che ne derivano è necessario capire la diversità di funzioni caratterizzanti questi corpi armati. A tal proposito, il sociologo Salvatore Palidda, in una intervista del 2009, dichiarava che “il militare è formato, organizzato e pagato per uccidere un nemico, non per salvarlo, mentre la polizia nasce, storicamente, per gestire in maniera pacifica e negoziata il disordine, si chiama operazione di chirurgia sociale e consiste nel separare le classi laboriose da quelle sovversive e criminali, pertanto, quest’ultima non dovrebbe sparare sulla folla ma individuare ed allontanare gli elementi pericolosi mediante un’opera di discernimento. Oggi, però, si assiste sempre di più ad una logica militaresca interna alla polizia, intesa in termini di tecniche acquisite tant’è che non ci sono più concorsi per entrare in polizia da almeno dieci anni. Dopo la riforma del 1981 le selezioni ed il reclutamento erano aperti teoricamente a chiunque, e c’erano meno discriminazioni. Oggi l’arruolamento avviene in maniera automatica attraverso tutti quelli che sono stati volontari nelle forze armate e che spesso sono stati impiegati in missioni all’estero. Ciò significa assoldare come poliziotti persone che hanno avuto una formazione militare e che sono state in zone come Kosovo, Albania, Iraq e Afghanistan e questo determina una militarizzazione socioculturale del corpo della polizia”.
Questa tesi, sostenuta anche da Charlie Barnao, trova pratico riscontro nei bandi concorsuali pubblicati dalle istituzioni interessate volte ad acquisire solo unità operative già addestrate. Secondo Barnao le ragioni per cui vengono utilizzati questi modelli educativi e di arruolamento sono politiche, culturali ma soprattutto economiche. “Costa meno addestrare persone con un metodo che applica in modo semplicistico i principi elementari della psicologia comportamentista, attraverso l’associazione di stimoli a cui seguono risposte condizionate dalla paura, a fronte di modelli educativi ben più complessi e costosi che, però, sarebbero necessari per agire in situazioni difficili e ed articolate come nelle missioni all’estero o per la gestione dell’ordine pubblico di piazza. Si spende poco per gli aspetti educativi della truppa, così come si investe poco nell’equipaggiamento della stessa, fornendo delle attrezzature spesso inidonee che mettono a repentaglio la vita dei militari. Emblematico il caso dei nostri militari che sembra si siano ammalati per essere venuti in contatto con l’uranio impoverito senza un’adeguata protezione”.