Difende tenacemente l’operato del sindaco uscente Luigi de Magistris, trova deprecabile il fuggi fuggi dal Movimento Dema e avverte: “Nessun apparentamento della lista Clemente Sindaco all’eventuale ballottaggio”. E’ Renato Genovese, 55 anni, dirigente provinciale del Sindacato dei lavoratori della Comunicazione della Cgil, attivista dei principali movimenti studenteschi a partire dagli anni’90, oggi candidato al consiglio della Quinta Municipalità di Napoli (Vomero-Arenella) nella lista Alessandra Clemente Sindaco e Salvatore Pace candidato Presidente.
Come nasce la sua candidatura?
Ho ritenuto anche in questa circostanza, come già ho fatto in passato, di dare il mio personale contributo per continuare, in maniera diretta o derivata, un percorso che rappresenta un unicum politico nel panorama italiano. Alcuni la hanno chiamata “Anomalia Napoletana”, ma io preferisco chiamarla “Normalità Napoletana”, poiché da dieci anni è diventato “normale” differenziare i rifiuti partendo dalle singole case dei cittadini, è diventato “normale” avere l’acqua pubblica, rispettando la volontà popolare espressa con un referendum, è diventato “normale” avere una società pubblica di igiene urbana al posto di svariati macroappalti, è diventato “normale” anteporre i principi costituzionalmente garantiti, ai vincoli di bilancio.
Condivide il metodo di investitura della Clemente da parte del sindaco uscente Luigi De Magistris?
Le danze dovevano pur essere aperte da qualcuno! Fino a poco prima dell’estate, non esisteva alcun candidato ufficiale alla carica di sindaco della terza città d’Italia, eccezion fatta per Alessandra Clemente. Distinguerei tra la candidatura, lanciata a novembre scorso da De Magistris, da quella che è attualmente consolidata. La prima ha rappresentato un segnale lanciato ai protagonisti tutti della vita politica cittadina, finalizzato alla apertura di un tavolo di confronto, tale da trovare una condivisione di metodo e contenuti. Un assordante silenzio ne è seguito, mi si consenta anche di definirlo irresponsabile, poiché si è lasciata la città di Napoli completamente sola ad affrontare la seconda ondata dell’emergenza pandemica con le sole proprie forze. Sono stati preferiti altri tavoli, romani e posillipini, per definire le candidature, bypassando completamente la città. Quindi la attuale candidatura di Alessandra Clemente ha acquisito via via forza ed autorevolezza e soprattutto legame con la città.
Intravede una continuità tra l’amministrazione comunale uscente e i candidati Clemente e Salvatore Pace (in corsa per la presidenza della V Municipalità) che lei sostiene?
Parafrasando una famosa battuta: ritengo la discontinuità “una cagata pazzesca!”. L’ amministrazione attuale, guidata dal sindaco De Magistris, ha realizzato dei veri e propri miracoli. Ha garantito l’ordinario “friggendo il pesce con l’acqua” vedendosi sottratte risorse economiche per mero dispetto politico, subendo fuoco nemico e talvolta anche “friendly”, con modifiche triennali delle regole di contabilità pubblica che, guarda caso, impedivano l’iscrizione di crediti al bilancio e ne caricavano debiti, quali quelli dell’ex commissariato per il terremoto del 1980 e i commissari
all’emergenza rifiuti. Pertanto la risposta è si, esiste una continuità non di persone, ma di indirizzo politico che sia Alessandra Clemente che Salvatore Pace, rappresentano.
Cosa ne pensa del fatto che più di venti persone, tra assessori e consiglieri comunali, si siano candidati nelle liste a sostegno di Manfredi?
Farei una distinzione: esistono consiglieri, come ad esempio Lebro e Mundo, i quali pur avendo ricevuto importanti deleghe da parte del sindaco, hanno deciso, non condividendo l’ indirizzo politico perseguito in Comune e in Città Metropolitana, di lasciare le deleghe e sono passati all’opposizione. E lo hanno fatto nel corso della consiliatura. Altri, invece, hanno considerato esclusivamente il fatto che il sindaco, avendo esercitato due mandati, non potesse essere candidabile, e quindi, più che amministratori pubblici, molti sono amministratori di se stessi. Hanno cercato un modo per sopravvivere, dimenticando che in politica l’unico patrimonio che conta è quello della credibilità personale che, una volta persa, difficilmente è recuperabile. Del resto, qui a Napoli è diffuso un primo piatto molto popolare “i manfredi con la ricotta”, la ricotta qualcuno doveva pur procurarla!!!
Il tanto decantato decentramento amministrativo è rimasto lettera morta anche nel decennio di De Magistris, anzi sembra uscirne depotenziato (meno risorse e meno personale). Quale contributo pensa di poter fornire in caso di elezione in queste condizioni?
Le cifre parlano chiaro: si è passati dai 20mila dipendenti del Comune di Napoli agli attuali 4mila, e ciò perché coloro che sono andati in pensione non sono stati sostituiti a causa del blocco del turn over nella pubblica amministrazione. Con numeri simili qualsiasi discorso di decentramento è un esercizio di fantasia. L’unico contributo possibile è dato dal rivendicare le “condizioni minime di amministrazione” verso gli enti superiori, Parlamento e Governo, e questo non è un problema solo di Napoli, ma un problema serio che investe qualsiasi metropoli del Paese.
Quali sono le sue priorità per il Vomero e l’Arenella?
Le condizioni di vita quotidiana del Vomero e dell’Arenella, nell’ultimo quinquennio sono, ahimè, peggiorate. Cinque anni fa esisteva ed era in esercizio il Centro polisportivo Arturo Collana, che garantiva la possibilità di praticare sport a tantissimi abitanti del quartiere collinare, la Floridiana era fruibile in tutta la sua interezza, il cinema Teatro Acacia era in esercizio e lo era anche la multisala Arcobaleno. Ciò solo per evidenziare quanto si sia perso per la vita sociale del quartiere. Pertanto mi prefiggo di cercare soluzioni con la cittadinanza e gli enti coinvolti e precisamente: Regione Campania, ente proprietario del complesso Collana, il ministero dei Beni culturali, ente proprietario del sito nazionale “Villa Floridiana” e l’Agis, quali enti competenti per quanto attiene all’esercizio cinematografico, al fine di mettere sotto tutela le sale teatrali e cinematografiche del quartiere. Tutto ciò, senza dimenticare che nel quartiere, un tempo definito il paradiso collinare, sono presenti sacche di povertà, non manifeste come altrove, ma testimoniate dalle file di persone che in alcuni giorni della settimana si formano fuori a diverse parrocchie in occasione della distribuzione di beni da parte della Caritas.
Conosce i motivi per i quali la “Casa della socialità” (nei pressi di piazza Immacolata) è stata inaugurata, ma non è mai entrata in funzione?
Non conosco i motivi in dettaglio, ma li posso immaginare. La politica e l’amministrazione, non parlano la stessa lingua, la prima è spesso aulica, a volte retorica, molto più avanti rispetto al linguaggio amministrativo, limitato da norme, atti, prassi e controlli. La politica ha deciso di investire dei fondi ristrutturando un bene acquisito da una dismissione. La struttura era una centrale elettrica che erogava corrente alla antica rete aerea filoviaria, dismessa a metà anni ’70. L’ amministrazione deve per forza fare un bando, non potendo, per mancanza di risorse proprie, gestire direttamente la struttura. Un bando che dovrà garantire parità di accesso a tutte le associazioni che hanno manifestato interesse e che hanno effettuato proposte in merito alla destinazione d’uso dell’immobile diverse e diversificate. Sarà compito della nuova Municipalità fare la scelta definitiva.
Qual è la sua proposta per il rilancio delle aree verdi del territorio collinare, in particolare il Parco dei Camaldoli e la Floridiana?
Sulla Floridiana mi sono già espresso, è necessario “martellare” il MIBACT. Sul parco dei Camaldoli, il discorso coinvolge anche altri territori e quindi altri Consigli Municipali, e precisamente quelli di Pianura e di Chiaiano. E’ naturale che la Quinta municipalità farà la sua parte, soprattutto in termini di richiesta di incremento del trasporto pubblico verso il parco. Mi preme sottolineare, tuttavia, che vi sono ulteriori aree verdi che attendono una operazione di recupero nella Quinta municipalità e precisamente l’ area che parte dal Cavone delle Case Puntellate, detta anche Arena S Antonio, che andrebbe recuperata e resa ciclopedonabile, diventando così un percorso
alternativo e salutare per andare e venire da Soccavo, l’area a ridosso del ponte incompiuto di via S. Giacomo dei Capri, l’area che degrada verso valle dal piazzale del Cardarelli.
Negli ultimi anni, i residenti del Vomero lamentano il disagio cagionato dalla cosiddetta movida selvaggia, come contrastarla?
Negli ultimi anni ho notato una certa propensione all’uso di termini stranieri con finalità di edulcorazione dei concetti. Ciò che viene chiamata “movida selvaggia” è ascrivibile al napoletanissimo concetto di “o’ burdell”, concetto che ha una parziale connotazione negativa anche per chi lo pone in essere. Il problema non può avere nessun tipo di soluzione locale, interessa allo stesso modo più aree della città e si caratterizza, oltre che per la messa in discussione del diritto al riposo dei residenti, anche per il massiccio utilizzo di manodopera impiegata in maniera non proprio regolare nei locali. Va fatto un piano di medio periodo per incentivare il trasferimento di alcune attività verso le zone meno abitate della città, chiaramente offrendo quante più possibili economie esterne. Non vorrei che poi si passasse dal troppo animato al troppo un mortorio!
Quale piano traffico ha in mente per decongestionare la zona ospedaliera?
La zona ospedaliera si caratterizza per i seguenti aspetti: oltre ai principali ospedali cittadini Cardarelli, Policlinico, Pascale, Monaldi, Cotugno, CTO, ha sulla dorsale nordest un agglomerato abitativo di notevole estensione e forte densità abitativa, il Rione Alto. Inoltre rappresenta una direttrice stradale, attualmente prioritaria da e per la direzione di Chiaiano, e tutti i Comuni dell’area Nord, quali Mugnano, Marano, e quindi per poter imboccare l’asse stradale della perimetrale Sp-n1 meglio conosciuta come “il doppio senso”. Attualmente la zona ospedaliera è servita da tre uscite della tangenziale, precisamente in direzione Cardarelli, in direzione Policlinico, e in direzione Colli Aminei-CTO. Tali uscite furono progettate per favorire il trasporto rapido dei pazienti dai principali punti della città verso il pronto soccorso del Cardarelli, bypassando il traffico cittadino. Oggi si può agevolmente osservare che tre uscite, senza nessun ingresso, finiscono per ingolfare maggiormente l’area favorendo l’afflusso di auto non necessariamente connesse alle attività sanitarie della zona. Inoltre la popolazione residente, deve, a causa dei sensi di marcia obbligatori, percorrere l’anello stradale Viale Cardarelli-Via Pietravalle-Via Pansini-Via Semmola, per poter imboccare l’ingresso della tangenziale più vicino, che è quello di Capodimonte o quello di via Jannelli. Quanti autoveicoli quindi sono obbligati a dover transitare nella zona contribuendo al traffico? La soluzione c’è ed è rappresentata da una azione condivisa con la società Tangenziale di Napoli finalizzata a trasformare una delle due uscite, Colli Aminei o Policlinico, in ingressi, in maniera da alleggerire gran parte del flusso di auto la zona. Ovviamente a ciò, va accompagnata una azione di potenziamento del trasporto pubblico locale, tale da garantire ai lavoratori della zona di poter raggiungere con puntualità le strutture ospedaliere.
Nell’ipotesi in cui la Clemente non dovesse essere eletta, con chi chiuderà l’apparentamento per il ballottaggio? Lei la seguirà?
Per quanto mi riguarda, mi auguro di arrivare al secondo turno con Alessandra Clemente concorrente per la vittoria. Le varie componenti della coalizione che sostengono Alessandra Clemente sono state chiare in fase di costituzione: nessun apparentamento con altri al ballottaggio! Si è strutturalmente, eticamente e storicamente differenti da ognuno dei candidati competitors. Qualora qualcuno dovesse fare scelte diverse, se ne assumerà tutta la personale responsabilità.
E. P.