Contromano rispetto alla Chiesa, all’Europa, ai sindaci ribelli, alle opposizioni e all’anima pentastellata della maggioranza, Matteo Salvini continua la sua corsa verso i seggi delle Europee e da ogni palco, da ogni piattaforma web, rilancia le sue parole d’ordine: «Crollano gli sbarchi, crollano i permessi umanitari. Volere è potere, io non mollo di un millimetro, avanti tutta!». Un inno di battaglia che mette insieme la questione sicurezza con la vicenda dei migranti alla ricerca di un porto sicuro e che risponde con un secco «no» alle apertura di Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. Per il ministro dell’Interno, deciso a non cedere «a ricatti e menzogne» e a buttare tutta la responsabilità e la vergogna del caso sull’Europa, i porti italiani devono restare chiusi. E se per il ministro del Lavoro l’Italia «deve dare una lezione di umanità a tutta l’Europa» accogliendo le donne e i bambini, Salvini non torna indietro.
Scontro interno al M5S
Dopo lo scontro sui migranti, il Carroccio sfida il M5S e scatta la fronda sulla legittima difesa. È una fronda che raccoglie soprattutto i malumori di parlamentari del Sud, pronti adare nuova battaglia sulle altre due leggi care a Matteo Salvini, legittima difesa e autonomia regionale di Emilia, Veneto e Lombardia. Gli uomini di Di Maio che tengono la conta del gruppo parlano di almeno una trentina di deputati che chiederanno una modifica alla formulazione della legittima difesa già approvata in Senato a fine ottobre. Il grosso dei ribelli a Montecitorio è rappresentato dai diciotto deputati che firmarono una lettera per cambiare proprio il decreto Sicurezza ritornato al centro del dibattito e bersaglio della disobbedienza civile dei sindaci di centrosinistra. Ma dietro questa pattuglia di irriducibili si agitano altri parlamentari convinti che sia sbagliato appiattirsi sulle posizioni della Lega.