Far pagare le tasse ai robot? Ne parla Vincenzo Visco, ex ministro delle Finanze in un articolo pubblicato su “Social Europe Journal” e rilanciato da Rassegna Sindacale: “La recente proposta di Bill Gates non è stravagante, perché se la base imponibile rappresentata dal lavoro umano si è ridotta, è inevitabile che il prelievo sarà primo o poi orientato verso altre fonti. Storicamente, i sistemi fiscali evolvono seguendo l’evoluzione delle basi imponibili (reali e potenziali). In altri termini, nel corso dei secoli e dei millenni, i governi hanno sempre ‘seguito il denaro’ (e ancora lo fanno). I tributi, pertanto, si sono spostati dai prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento delle pecore alla tassazione della terra, dei beni immobili, del commercio, alle accise, alle tasse sul valore dei beni, alla tassazione del reddito e dei profitti, alla tassazione personale, alla tassazione progressiva, alle tasse sui consumi ecc. In breve, le autorità inseguono lo sviluppo economico e la formazione della ricchezza”. Ma cosa significa realmente “tassare i robot”? Nei fatti il dibattito è cominciato più di 20 anni fa quando, di fronte all’eccessivo onere fiscale sul lavoro, alcuni economisti hanno proposto di ridurre i contributi per la sicurezza sociale e di sostituirli in parte con i green taxes (la cosiddetta teoria del “doppio dividendo”). Lo specifico obiettivo della tassa era una esternalità negativa: le emissioni di Co2.